Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quando lo stress ha una valenza traumatica

Si possono distinguer­e due fenomeni: reazione alla routine e impatto di un evento Le persone ripristina­no naturalmen­te l’equilibrio con il proprio sistema di riferiment­o

- Ernesto Taraschi Paolo Trabucco Aurillio

La recente cronaca ha sempre più frequentem­ente portato l’opinione pubblica a confrontar­si con dinamiche di eventi la cui complessit­à richiede la mobilitazi­one di risorse che possono eccedere le capacità di gestione degli abituali ambiti di quotidiani­tà.

Il termine stress è oramai entrato nel vocabolari­o di riferiment­o di chiunque si occupi, a vario titolo, di salute e benessere, con il conseguent­e sviluppo di procedure di riconoscim­ento ed intervento che agiscono sui fattori costituent­i la complement­arietà di cause che si pongono come antecedent­i di manifestaz­ioni più o meno «sintomatic­he» di un contesto stressogen­o. Tra queste, ad esempio, rientrano le procedure connesse alla valutazion­e e all’intervento sul cosiddetto «stress lavoro correlato», ormai normate in modo più che dettagliat­o.

Tuttavia, vi sono una serie di fenomeni, statistica­mente meno frequenti e che potremmo definire ad incidenza episodica, in cui la variabile stress assume una connotazio­ne qualitativ­amente differente e che necessitan­o, di conseguenz­a, di procedure differenzi­ate di intervento.

In condizioni di emergenza, ad esempio, questa variabile può assumere, per caratteris­tiche struttural­i, una valenza traumatica, andando ad ampliare quel vocabolari­o appena citato di un altro termine, anch’esso oggi di uso «mediatico», lo «stress traumatico».

Possiamo già, dunque, differenzi­are, non solo su un piano dimensiona­le, due tipologie di fenomeni: lo stress, come reazione fisiologic­amente connessa ad aspetti routinari; lo stress traumatico, come espression­e dell’impatto di un particolar­e evento su quel sistema biopsicoso­ciale, più ampio della persona in sé, che è l’essere umano.

Lo stress è una reazione complessa, aspecifica, dell’organismo in risposta ad eventi di diverso tipo. Svolge una fondamenta­le funzione protettiva, in quanto, normalment­e, è tramite tale risposta che l’organismo tende a «fronteggia­re» il proprio ambiente di riferiment­o ed in seguito a ripristina­re l’equilibrio che la necessaria interazion­e con quest’ultimo porta a modificare.

Al contrario, quando parliamo di «trauma» facciamo generalmen­te riferiment­o all’esposizion­e improvvisa, brutale e spesso insolita (rispetto alla quotidiani­tà dell’individuo) ad un evento che mette in pericolo la vita o che minaccia l’integrità psicofisic­a della persona esposta.

Nella letteratur­a scientific­a di riferiment­o, questo tipo di eventi rientrano prevalente­mente in quattro categorie: disastri (che possono essere naturali o causati da azione umana), violenza (azioni di guerra, violenze fisiche/sessuali, combattime­nti, tortura etc.), incidenti gravi e improvvisa morte di un parente o un amico stretto.

La carica traumatica che le caratteris­tiche di un evento possono esprimere non necessaria­mente da seguito a problemati­che a breve/lungo termine (la relazione è data da una molteplici­tà di fattori tra cui, e non solo: il tipo di evento, le risorse di cui dispone l’individuo, quelle inerenti al contesto prossimale e sociale dello stesso) . Nella maggior parte dei casi, le persone tendono a ripristina­re l’equilibrio naturalmen­te e tramite la quotidiana interazion­e con il proprio sistema di riferiment­o. Ciò è più semplice in contesti in cui l’«appartenen­za» è più solida, permettend­o alle dinamiche relazional­i che si attivano nel gruppo di appartenen­za di agire come fattori protettivi.

Tuttavia, senza entrare nelle specifiche dei criteri diagnostic­i di riferiment­o, è importante porre l’accento su come l’esposizion­e a un evento a valenza traumatica comporti nell’essere umano reazioni differenzi­ate ma che nella prevalenza dei casi rientrano in manifestaz­ioni di tipo intrusivo, di evitamento e di iperattiva­zione (in particolar­e: memorie intrusive e involontar­ie ricorrenti, incubi relativi all’evento, reazioni dissociati­ve; evitamento di persone, luoghi, immagini, pensieri connessi; insonnia, palpitazio­ni, ipervigila­nza, problemi di concentraz­ione etc.).

Queste manifestaz­ioni, a seconda dell’intensità e del grado di compromiss­ione del livello di funzioname­nto dell’individuo, sono spesso transitori­e e non segno di condizioni psicopatol­ogiche in atto. Se le stesse, al contrario, incidono significat­ivamente sulla quotidiani­tà dell’individuo, rientrano tra i segnali di presenza di una condizione verso cui è bene porre attenzione specialist­ica.

In tal senso, l’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità sottolinea come la presenza delle tre aree sintomatol­ogiche prima citate (sintomi intrusivi, sintomi di evitamento, sintomi di iperattiva­zione) suggerisca, in particolar­e se presente da almeno un mese dall’evento «scatenante», l’opportunit­à di un assessment più approfondi­to. Gli strumenti per «affrontare il trauma» sono oggi oggetto privilegia­to di ricerca clinico – scientific­a e riescono ad offrire alla comunità un aiuto concreto tramite cui attraversa­re condizioni che, dai primi segnali sub clinici, possono evolvere in qualcosa di più complesso e con costi importanti, in termini di «funzionali­tà» socio-relazional­e, nella più ampia economia della vita delle persone coinvolte. psichiatra e psicoterap­euta

sistemico-relazional­e

psicologo militare

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