Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La politica in crisi e i «peccati contro la speranza»
Dicono: la sinistra è morta. Un attimo. È la politica che è morta: la sinistra sta lì come un pesce nel lavandino a cui hanno tolto il tappo. Se penso alla politica – al gesto della politica così come l’ho studiato sui libri – mi viene da pensare che sia un gesto che ne contiene due. E mi viene in mente la strana storia del cibo in scatola. È andata così : che un giorno del 1810 un signore americano ha avuto un’idea geniale. Cioè mettere il cibo in una scatola, in tutto uguale a quelle che fanno ancora oggi. Il tipico barattolo. Un’idea straordinaria, una vera evasione dell’immaginazione dal dettato del reale: una rivoluzione, che cambiò, a modo suo, il mondo.
Ora: la cosa curiosa assurda, ma storicamente documentata è che passarono quarantacinque anni, e solo dopo che furono passati quarantacinque anni arrivò un uomo e quel che fece fu: inventare l’apriscatole.
Fa ridere, ma andò proprio così ( le aprivano a sassate, prima, o a colpi di cacciavite, non so ). Nella sua assurdità, questa storia ha il pregio di rendere visibile la separazione tra due gesti che, sulla carta, tendiamo a sovrapporre: inventare qualcosa e imparare ad usarla, a farla funzionare.
Ed è qui che si arriva alla politica. La politica, così come l’ho studiata sui libri io, è due gesti in uno : inventare la scatola e realizzare il sistema per aprirla senza ammarrarsi. È immaginare lo scenario che prima non esisteva e simultaneamente renderlo visibile, funzionante. E’ un incrocio acrobatico di utopia e realismo, di fantasia e di buonsenso. La politica è una prodezza. Ora, io ci capisco poco. Ma una cosa mi sembra evidente : quella prodezza, oggi, in Occidente non la fa più nessuno».
Rileggo il magnifico testo che Alessandro Baricco pubblicò su Micromega nel 1997 con attenzione. Si tratta di un pensiero semplice ed al tempo stesso complesso, è un’ode a qualcosa che non esiste più o che forse non è mai esistita se non nella testa dell’autore. Pensare alla politica come una prodezza è veramente difficile in tempi abitati da improbabili protagonisti, donne ed uomini che della politica hanno fatto una professione privilegiata e dalla politica si fanno difendere per mantenere il proprio status. La paradossale metafora della distanza tra l’invenzione della scatola e quella dell’apriscatole avvenuta 45 anni dopo rende plasticamente visibile l’abisso nel quale questa politica, devo sottolineare questa sinistra, ha scaraventato il paese negli ultimi 20 anni.
Nel secolo scorso un intellettuale sudamericano Carlos Quijano scriveva che «i peccati contro la speranza sono i più terribili, i più catastrofici: gli unici che non hanno né perdono né redenzione». Eppure non deve essere così, non dobbiamo cedere alla tentazione di credere che sia impossibile incrociare «utopia e realismo, fantasia e buonsenso» come scriveva 20 anni fa Baricco. Buon lavoro ai costruttori di una politica «altra». Buon lavoro a chi, nonostante la mediocrità e l’opportunismo di tanti comprimari che scelgono di umiliare il servizio ai cittadini per fini personali o di gruppo, continua ad operare perché la politica ritorni ad essere una prodezza. Buon lavoro perché, credetemi, ne abbiamo bisogno tutti di questi fuoriclasse della nostra società.