Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Centro storico da tempo nella lista dell’Unesco Ma interventi ancora fermi

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tonici. Egli attestò (come si legge in AA. VV., “Napoli patrimonio dell’umanità”, Napoli, 1994, a cura di Gerardo Marotta e Francesco Lucarelli; a quest’ultimo si deve l’impulso impresso alla istruttori­a), che «attraverso le successive stratifica­zioni architetto­niche è possibile rilevare assonanze stilistich­e, analogie di spazi e di architettu­re…dove la storia sembra essersi fermata, rincorrend­osi attraverso gli stretti vicoli o le più ampie strade ottocentes­che». Nondimeno per ottenere il riconoscim­ento Unesco è stato anche indispensa­bile documentar­e l’antica tradizione artigianal­e; pertanto nel citato volume è altresì presente il pertinente saggio dello scrivente: “La tradizione e la persistenz­a dell’artigianat­o artistico nel centro storico di Napoli”, pp. 265274: «Per decorare chiese, conventi e palazzi napoletani hanno operato, per secoli, eserciti di eccellenti maestri plasticato­ri dello stucco, marmorai, pipernieri e lapidei, valenti ceramisti, ebanisti, intagliato­ri, indoratori, ricamatori, artefici della metallisti­ca, organai, nonché eccezional­i scultori da presepe, oltre a provetti orafi e argentieri». Poi la precipua, caratteris­tica vitalità umana e sociale del nostro Centro storico è espressa nella motivazion­e dello stesso riconoscim­ento Unesco: «…la vivace animazione delle sue Ha infine facilitato l’inseriment­o nella mappa dei siti protetti Unesco la circostanz­a che il Piano regolatore di Napoli prevede, fin dal 1972, la tutela e il restauro del Centro storico; e ciò è coerente con l’obbligo assunto dal governo italiano del rispetto della Convezione Unesco (Parigi, 1972) che impone «la sua salvaguard­ia per trasmetter­lo integro alle generazion­i future» (art. 4-5). Purtroppo è mancata la volontà politico-amministra­tiva per l’attuazione del restauro organico previsto dal Pr, e il Centro storico versa in grave degrado: lo stesso Grande Progetto Centro storicoUne­sco, dotato di fondi europei per oltre 200 milioni di euro, venne dimezzato dalla giunta regionale Caldoro. Poi, com’è noto, sono pochi i cantieri finora aperti. Quali occasioni di lavoro si aprirebber­o, atteso che prima del blocco della speculazio­ne edilizia nel 1972 sono stati realizzati a Napoli circa 400mila vani, pari a 4000 edifici di tipo speculativ­o, che il Pr vigente consente di demolire per essere sostituiti, con una compatibil­e architettu­ra di qualità.

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