Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Amianto nel tunnel borbonico, liti e diffide
Resta inevasa l’intimazione del Comune ai condomini di Monte di Dio, che scrivono alla Procura
In quella cavità che si apre circa 25 metri al di sotto di vico Calascione, nella zona del Monte di Dio, si rifugiarono tanti napoletani durante la II Guerra Mondiale. Ogni volta che la sirena di allarme annunciava un bombardamento scendevano le scale che portavano nel sottosuolo e restavano lì fino al cessato pericolo. Piangevano, imprecavano, pregavano, ridevano, mangiavano, dormivano. Nascevano amicizie ed amori. Tra quei napoletani - fino a 500 ogni volta - c’erano anche Giorgio Napolitano, all’epoca adolescente, e Curzio Malaparte.
Oggi la storica cavità di vico Calascione è colma per circa 300 metri quadrati, su complessivi 550, di rifiuti: scarti edili, tubi elettrici e, soprattutto, eternit, contenente il terribile amianto. Lo hanno scoperto alcuni mesi fa i tecnici del Comune di Napoli, che avevano avviato ispezioni all’interno degli ex rifugi bellici - 208 in tutta la città - dopo che la proprietà dei medesimi era stata trasferita dall’Agenzia del Demanio a Palazzo San Giacomo. È stato sistemato, dunque, un cancello che impedisce l’accesso anche alla parte pulita della grotta quella senza rifiuti e dove c’erano i bagni del rifugio bellico - ai visitatori della Galleria Borbonica, il percorso gestito dall’associazione Borbonica Sotterranea. La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo di indagine per reato ambientale a carico dell’amministratore del condominio. Intanto, però, è scoppiata una controversia a colpi di carte bollate in merito a chi debba farsi carico dell’operazione e soprattutto dei costi della bonifica dell’ex rifugio. Il 26 settembre scorso il Comune di Napoli ha diffidato i residenti in vico Calascione 16 « ad eseguire ad horas la rimozione del materiale sversato in cavità ed a ripristinare lo stato dei luoghi». Il condominio ha risposto con una istanza indirizzata alla Procura, alla Corte dei Conti, all’Anac ed al Comune. Sostiene che l’onere di bonificare la cavità sia in capo all’associazione Borbonica Sotterranea, presieduta dal geologo Gianluca Minin, ed accusa l’amministrazione di non avere chiesto a quest’ultimo di provvedere. Scrive l’avvocato Luca Tozzi che nell’atto di concessione delle cavità a Minin da parte dell’Agenzia del Demanio, che risale al 2009, l’associazione Galleria Borbonica si era impegnata anche ad una pluralità di interventi, tra i quali la rimozione dei detriti. Minin, a sua volta ed in accordo con la tesi dell’amministrazione comunale, sostiene che debbano essere proprio i residenti nello stabile di vico Calascione 16 a farsi carico dell’eliminazione dell’amianto e degli altri rifiuti, dal momento che i medesimi sono stati abbandonati nel sottosuolo proprio da un accesso all’interno del palazzo. Stamane è previsto un sopralluogo con l’apertura di un tombino che immette in una canna di pozzo sottostante l’edificio, dalla quale potrebbero essere stati smaltiti illecitamente i materiali. Sul tappeto c’è pure la questione della concessione a Minin delle grotte sotterranee. Quella del 2009 - per la quale pagava circa 6500 euro all’anno - è scaduta due anni fa e non è stata ancora rinnovata. Le visite nel sottosuolo, però, proseguono. «Nulla di strano sostiene il geologo - e non sono certo abusivo. Opero con una copertura giuridica. Il Comune, peraltro, ha in corso le procedure per il rinnovo».