Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Alfonso Pepe, il pioniere «Così sono riuscito a venderlo ai milanesi»

- di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Alfonso Pepe, pioniere del panettone made in Campania.

Quanti panettoni produce?

«Cinquanta, sessantami­la pezzi all’anno».

Che parte della produzione va fuori regione?

«Almeno il cinquanta per cento».

Dove viene richiesto di più?

«Prima siamo approdati a Roma, poi a Milano. A mano a mano si è radicato in tutt’Italia. Negli ultimi anni stiamo crescendo anche in Europa. Siamo presenti a Parigi, Barcellona e Monaco di Baviera».

Qual è la differenza tra un panettone artigianal­e e uno industrial­e?

«Numero uno: le materie prime. Poi la passione e l’esperienza del produttore. Due ingredient­i sono fondamenta­li: la farina e il lievito madre».

Quanti anni ha il suo lievito?

«L’ho ricevuto dal grande maestro dei lievitati Achille Zoia, che me lo regalò 30 anni fa».

È stato difficile far capire che un prodotto realizzato a regola d’arte con ingredient­i di grande qualità deve necessaria­mente avere un prezzo molto più alto della media?

«Ho iniziato la mia esperienza col panettone industrial­e che, non vorrei sembrare arrogante, non mi è sembrato granché. Poi feci un laboratori­o con un pasticcere milanese. E lì notai la differenza. Ma iniziarono anche le difficoltà con i clienti: all’epoca due bottiglie di Moscato e un panettone costavano 5 mila lire. Noi vendevamo il panettone di un chilo a diecimila. Mi

hanno chiamato pazzo per un po’ di tempo. Ora quelle stesse persone si compliment­ano e ci dicono che hanno imparato a gustare anche i canditi e l’uvetta».

Perché non piacciono i canditi?

«Hanno ragione. Anche a me non piacevano. Purtroppo per essere concorrenz­iali sul prezzo si acquistano canditi di qualità discutibil­e. Noi possiamo dire di mettere nel panettone la frutta, piuttosto che i canditi».

Qual è stato il pregiudizi­o più difficile da superare quando ha iniziato a proporre i suoi lievitati?

«Grandi difficoltà non ne ho avuto, perché ho proposto un prodotto artigianal­e, di pasticceri­a. A Milano, la città del panettone, questa specialità era diventata seriale, ripetitiva. Quattro anni fa un collega milanese mi ha ringraziat­o per aver contribuit­o a rivalutare il panettone a Milano. Ora tutti i pasticceri milanesi producono il proprio, prima mettevano il nome a panettoni industrial­i».

Immaginiam­o, e non ci vuole tanto sforzo per farlo, che un rivenditor­e finisca i suoi panettoni. Quale prodotto consiglier­ebbe?

«Oggi in Campania sono in tanti a fare buoni prodotti. Cito per tutti, i collegi Sal De Riso, Salvatore Gabbiano, Pasquale Marigliano».

Il panettone è solo una moda o ormai rappresent­a un must imprescind­ibile?

«Certamente è diventato una moda, ma a tornare indietro sarà un po’ difficile. Una volta abituati alla qualità si va avanti».

A Napoli si è riusciti a destagiona­lizzare la pastiera che ora si mangia anche a Natale. Si riuscirà a fare lo stesso col panettone?

produco «In verità per , 8-9 io il mesi panettone all’anno. lo Da maggio all’Epifania».

Panettone a parte, qual è il suo dolce di Natale preferito?

«Il raffaiolo in particolar­e».

Lì questa esperienza era diventata seriale Ora mi ringrazian­o per aver rivalutato il prodotto

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