Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Forcella strit», musical per Annalisa e Maikol
Nino D’Angelo e Abel Ferrara lavorano al musical «Forcella Strit». E il direttore riprende «L’ultimo scugnizzo»
Dinoccolato e felice, ’O mericano è tornato a Forcella per un progetto che dovrebbe cucire a doppio filo il Trianon e il quartiere. ’O mericano — è il titolo di una canzone che Nino D’Angelo gli dedicò anni fa — è il regista newyorkese Abel Ferrara che dal 10 gennaio inizierà a lavorare a Forcella Strit. Proprio così, con la i. «Sarà un quasi musical che coinvolgerà molti ragazzi del quartiere» racconta. «Faremo provini nei vicoli e partiremo da laboratori. Non so immaginare altro se non che questo, ovvero “per strada”, è l’unico modo che ho di lavorare. Mio nonno era campano di Sarno, un uomo molto umile. Sono cresciuto nella classe operaia e proletaria, ho iniziato a fare cinema di strada e ora, con Nino D’Angelo, ho l’opportunità di realizzare un progetto a Forcella dove, in una vita precedente, venivo per ben altri motivi». Non lo ripete, ma il riferimento è ai suoi trascorsi di tossicodipendenza, come raccontava l’ex caschetto d’oro proprio nella canzone inserita nell’album Il ragù con la
guerra: «’O mericano beve, gli piace ‘a birra co ‘a neve». Affrancato da questo passato
noir, Ferrara, dopo aver riconvertito la sua vita, vuole provare a mettere a disposizione dei ragazzi di Forcella «quello che so fare, quello che posso dare con il mio lavoro. Il resto lo sa Nino che sta scrivendo il copione...».
E il resto è già tanto: «Strit non significa come in inglese via, strada» racconta D’Angelo «ma strit sta per stamm stritt, vicini vicini. La storia deriva da un racconto che scrissi anni fa con Peppe Lanzetta e dal quale avrei sempre voluto trarre uno spettacolo, ma non se ne fece mai niente. Il ritorno al Trianon e la collaborazione con Ferrara mi danno ora la possibilità di allestire questo grande quasi musical corale che sarà una specie di Giulietta e Romeo a Forcella. I protagonisti si chiameranno Annalisa e Maikol, come Annalisa Durante e Maikol Giuseppe Russo, due figli di questo quartiere vittime della camorra, colpevoli solo di essere nati qui. Ma come si può fare...? Non si può morire così. Non si deve più morire così. Se ho accettato di ritornare a dirigere il Trianon è per cercare di fare tutto quello che posso per i ragazzi di questa città. Io ce l’ho fatta venendo dal basso. Guadagnerei molto di più facendo concerti e film. L’impegno che ho preso qui è di portare la cultura del teatro e una possibilità di riscatto alla gente di questi vicoli. Non a caso a Natale, con prezzi popolari, metterò in scena per l’ultima volta nella mia vita L’ultimo scugnizzo di Raffaele Viviani».
La parabola di ‘Ntonio Esposito, scugnizzo «cresciuto alla scuola della strada, dove si passa senza esami» che sente la responsabilità di trovare un lavoro per sposare la sua ragazza incinta, è esemplare per questo fazzoletto di città che si configura come una vera e propria topografia dell’infanzia abbandonata, senza soluzione di continuità dal Cinquecento a oggi. Proprio di fronte all’ingresso del teatro sorgeva, infatti, il convento di santa Maria Egiziaca all’Olmo (poi trasformato nell’ospedale Ascalesi) che insieme a quello che s’ergeva poco più in là dedicato alla Maddalena accoglieva le «traviate», ovvero le prostitute i cui figli venivano lasciati nella contigua ruota della real casa dell’Annunziata.
«Qua si è sempre sofferto» commenta D’Angelo. «E c’è una continuità tra la storia, le pagine di Viviani cui devo tutto — mi ha insegnato pure a tene’ ‘e libri in mano — e Forcella Strit. Racconteremo che c’è una cosa che nessuno ti può ordinare di non fare: amare proprio la persona che hai scelto. Anche se le famiglie sono rivali. Non ci inventiamo niente, ma calata in questo quartiere, la storia sarà molto potente. Ci faremo ispirare anche dagli stessi ragazzi. Se vedremo che ce n’è uno con un talento particolare, scriveremo una scena o un personaggio tagliati su di lui. Anche perché il mio sogno da Nino D’Angelo bis è formare una compagnia stabile di Forcella. E i laboratori sono il primo passo».
Dalla platea annuiscono convinti gli eredi di Viviani accorsi a sostenere il rilancio della sala cui è dedicatario il drammaturgo stabiese: Antonello e Giordano Martone (figli di Yvonne) e Giuliano Longone (di Luciana).
Intanto partono le prove per la notte di Natale con la prima vivianea: «Chesta è ‘a rumba d’‘e scugnizze \ ca s’abballa a tutte pizze...».