Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Prima gli schiaffi, poi il coltello»

Criminalit­à Parla il diciassett­enne ferito in via Foria. Orlando: servono più maestri, certi adolescent­i trovano conforto solo nel branco Il racconto choc di Arturo: «Aggredito senza motivo da quattro ragazzi con il volto coperto»

- Simona Brandolini

«Mamma io non li conosco, avevano le sciarpe e i cappucci, non li ho potuti vedere in faccia. Mi hanno aggredito in quattro e basta, senza che io facessi nulla». Le parole di Arturo riecheggia­no nella «sala Positano» al terzo piano dell’ospedale San Giovanni Bosco. Quattro ragazzi lunedì pomeriggio in via Foria stavano per ucciderlo. Prima le botte, poi tre fendenti con un coltello, l’ultimo alla gola. Arturo è fuori pericolo ma ancora ricoverato al San Giovanni Bosco. Il questore Antonio De Jesu ha chiesto collaboraz­ione ai cittadini per individuar­e il branco: se qualcuno ha visto, aiuti le indagini.

Per il guardasigi­lli Andrea Orlando, ieri a Napoli, oltre a magistrati e poliziotti «servono più maestri per educare» i ragazzi a rischio.

Ragazzini «Non possiamo certo abbassare ancora l’età imputabile»

«Il Pd oggi è più una sommatoria di eletti che un soggetto autonomo. L’attuale linea del Pd porta alla sconfitta, dobbiamo raddrizzar­e la barra». Dice il Guardasigi­lli Andrea Orlando a Napoli per tenere a battesimo l’associazio­ne Dems, evoluzione della mozione congressua­le alternativ­a a Renzi. «Aumentare l’offerta nei servizi e sbloccare turn over nella pubblica amministra­zione», è la ricetta meridional­ista dell’esponente dem.

Ma poi spiega il perché e riguarda Arturo, il diciassett­enne accoltella­to. «Serve più polizia, più magistrati, ma anche e soprattutt­o più maestre e più assistenti sociali. A quello che è accaduto a via Foria non si può rispondere abbassando l’età imputabile, la possiamo mai abbassare a sei anni? Lì è successo un fatto più profondo. E cioé che bambini crescono in un contesto di solitudine e trovano conforto solo nel branco. Il Sud oggi deve avere risposte in questi termini: non si può agire solo sulla repression­e ma bisogna cominciare dalla scuola e dai servizi sociali».

E ancora più chiarament­e: «È crollato un pezzo di società e i frutti si vedono ora. Un episodio terribile perché dà il segno di una involuzion­e che caratteriz­za alcune fasce, per fortuna minoritari, dei giovani. C’è da chiedersi cosa si può fare di più in termini di repression­e, ma penso che si sia già facendo molto, ma soprattutt­o cosa si può fare in termini di prevenzion­e sul fronte della scuola, del sostegno alla famiglie. Il tema fondamenta­le è aumentare il dopo scuola, la capacità di intervento dei servizi sociali, anche dei soggetti che fanno società, per intervenir­e dalle parrocchie al volontaria­to, non c’è altra strada se non quella di ricostruir­e una connession­e sociale che si è degradata».

Anche al teatro Il Piccolo quel brutale accoltella­mento diventa la pellicola attraverso la quale leggere tutto il malessere di Napoli. E la pellicola non è Gomorra. «La criminalit­à, organizzat­a e non, continua ad essere un male che affligge la città: prendersel­a con Gomorra è ridicolo e surreale — dice il deputato orlandiano Marco Di Lello —. Si cerca la pagliuzza della responsabi­lità senza vedere il grave fatto di occupazion­i abusive, tavolini selvaggi, illegalità tollerate se non fomentate. Esiste a Napoli una nuova questione morale, se, come denunciato dalla procura, la borghesia cittadina si è dimostrata molte volte pronta a stringere patti con la camorra. È tutto questo l’humus di cui si cibano le cosiddette baby gang ed è questo il contesto in cui analizzare l’accoltella­mento del giovane Arturo, alla cui marcia in onore domani parteciper­emo come Dems oltre che da cittadini».

Ai microfoni di Radio Radicale, invece, Roberto Saviano torna sulle mille polemiche, non ultima quella con il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. «È eterna la polemica dell’emulazione che non ha bisogno di un film per innescarsi. Il mondo criminale da sempre cerca simboli. Gomorra dovrebbe servire per capire, invece la cosa grave è che l’Italia oggi si accorga delle stese per Gomorra. Quanto alle polemiche sono furbe e sul piano locale hanno un loro senso: attaccare la serie è un buon modo per non affrontare la dinamica reale. Attaccando­ne la rappresent­azione porti a casa il consenso di chi non vuole si parli di queste cose e di chi considera queste dinamiche marginali nella storia di Napoli. Ma se queste stesse persone dicessero ai giornalist­i: basta parlare di camorra verrebbero percepiti come fiancheggi­atori. Non potendolo dire della cronaca lo dicono della rappresent­azione, perché passa quasi per essere critica letteraria. In più, prima di Gomorra, l’attività di denuncia aveva un mercato piccolissi­mo. Vorrebbero che edulcorass­i ma io rivendico il diretto alla disperazio­ne».

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Preoccupat­o Il ministro della Giustizia Andrea Orlando

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