Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Altro che «percezione» Qui la violenza impera
«Nelle prossime statistiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare». Così Erri de Luca commentava la graduatoria del Sole 24 ore sulle città più vivibili che vede Napoli al penultimo posto in Italia. Beati noi, dunque, che passeggiamo sul lungomare e anche di notte possiamo fare baldoria e mangiare ovunque cose semplici e squisite a prezzi bassi.
«A Napoli si vive ovunque meglio rispetto alle statistiche», è stata la risposta del sindaco ai numeri impietosi che hanno misurato ricchezza, consumi, lavoro, ambiente, sicurezza, cultura e servizi. Tutto è percezione, come ha scritto ieri Nicola Quatrano sulle colonne di questo giornale.
Napoli è come la viviamo, è il modo in cui viene presentata dai media e dai titoloni dei giornali e rappresentata. Anzi, come sosteneva il filosofo Aldo Masullo, Napoli è in sé rappresentazione, infinito teatro. Come il Cristo di Sanmartino velata dalla sua stessa rappresentazione. Se vi fosse dunque maggiore sobrietà da parte dei media, potremmo concludere che qui è tutto normale, che questa città è afflitta da una violenza e un degrado civico pari a quello riscontrabile in qualunque altra metropoli del mondo. È il velo della rappresentazione ad avvolgere di noir la città, come la secrezione della seppia.
Ma non possiamo fermarci a questo senza correre il rischio di una supina accettazione dello statu quo di una realtà metropolitana che invece sotto quel velo si dimena e urla la sua segregazione. Napoli va svelata, e non nel senso del film di Ozpetek: la posta in gioco non è il mistero, il furto di una maschera, la natura bipolare del suo disordine, ma il progetto stesso di una città possibile. Tocca alla politica, nel senso etimologico della parola, e a una classe dirigente oggi come ieri troppo latitante nei suoi salotti, sollevare il velo e affondare il bisturi. Qui si gioca la partita tra chi, come de Magistris, opera sul piano della rappresentazione, generando l’immagine di una capitale dell’autonomia, della tolleranza e dell’amore, e chi invece si adopera per far funzionare le cose in una città normale.
Se è vero che gli alberi di Natale negli spazi pubblici sono stati oggetto di furto un po’ dovunque, a Napoli questo è avvenuto sistematicamente e nella Galleria Umberto, nel cuore simbolico della città. Nessun albero è stato sradicato sotto la torre Eiffel, alla porta di Brandeburgo, davanti al Duomo di Milano o al Guggenheim di Bilbao. Se è vero che le baby gang imperversano anche altrove, qui si moltiplicano, hanno i coltelli più affilati, a bordo degli scooter fanno raid e stese in periferia come al centro.
Se è vero che ai Navigli a Milano la notte si fa musica e si consuma alcol, qui il volume della movida supera ogni limite, snatura la città e rende ostaggio permanente i residenti. Se è vero che il trasporto locale è al tracollo a Roma come a Napoli, solo qui la notte di Capodanno la città è rimasta appiedata.
Sono solo violenze percepite, enfatizzate dai titoloni sui giornali?
La percezione non è la realtà, ma lo diventa quando si supera un limite. Certo, il problema è sempre e comunque nel modo in cui lo vediamo e lo viviamo: ogni esperienza è soggettiva, «la mappa non è il territorio», come ci ha insegnato Batenson. Ma a Napoli la differenza tra il reale e il percepito è resa sottile dalla misura con cui i suoi fenomeni si manifestano.
Come nel Cristo velato quel velo non nasconde il Cristo, ma lo svela.