Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il Cardarelli diventa reality Ma il docu-web in corsia scatena l’ira dei sindacati

La polemica Attacco al manager: si nasconde la verità

- Nespoli

Il docu-web del Cardarelli dal significat­ivo titolo «In prima linea» è diventato oggetto dell’ennesima polemica. Dure con la direzione dell’Azienda sono le segreterie aziendali di Cgil, Cisl, Uil, Fial e Nursing Up: si nasconde la realtà.

L’accusa In questa azienda i ruoli sono annebbiati ed i vertici continuano a fare il bello e il cattivo tempo La difesa Il film non fa altro che rappresent­are uno spaccato della nostra vita qui dentro, non c’è realtà distorta

Da un lato il desiderio di raccontare il Cardarelli oltre i soliti stereotipi, scavando un po’ più a fondo dell’immagine superficia­le di un pronto soccorso stracolmo di pazienti; dall’altro le dinamiche di una dialettica sindacale divenuta ormai feroce. Così, prima ancora di poterne scoprire i contenuti, il docu-web dal significat­ivo titolo «In prima linea» è diventato oggetto dell’ennesima polemica. A fare fuoco (metaforica­mente parlando) sulla direzione generale dell’Azienda sono le segreterie aziendali di Cgil, Cisl, Uil, Fial e Nursing Up, che in una nota hanno definito il progetto uno «show convocato in pompa magna».

L’iniziativa è quella ideata e realizzata da «Voce di Napoli», testata on line che nasce (come si legge dal sito) con l’intento di parlare e raccontare il lato positivo della città che nasce all’ombra del Vesuvio. E in effetti, a sentire anche i primari che sono stati coinvolti nelle riprese, è questo che il docu-web si prefigura di fare. Forse anche per questo molti camici bianchi, ma anche infermieri e operatori socio sanitari, sono rimasti sorpresi dall’attacco frontale lanciato ieri. Affondo che sembra diretto più al direttore generale Ciro Verdoliva che al docu-web, del quale del resto si sa ancora ben poco. Dalle segreterie aziendali parlano senza mezzi termini di un’azienda nella quale «i ruoli sono annebbiati». Il secondo colpo viene poi indirizzat­o a quello che viene definito il «clan di “super- primari”, che fanno il bello e cattivo tempo». Affermazio­ni rispedite al mittente da Ciro Mauro, direttore della struttura complessa di Cardiologi­a e capodipart­imento del Dea. Uno, insomma, che «in prima linea» ci passa il 99% del suo tempo. «È triste – dice – che esistano ancora sindacati pronti a mettere i propri interessi al primo posto, prima di qualsiasi cosa. Addirittur­a prima dei loro stessi iscritti. Io alcune delle immagini le ho viste, e non capisco come si possa in buona fede parlare di “fumo negli occhi”. Questo docu-web non fa altro che rappresent­are uno spaccato della nostra vita lavorativa». Mauro, che ha sempre detto la sua, talvolta anche in disaccordo con la direzione generale, sottolinea con forza un concetto: «Documentar­e ciò che avviene, mostrare qualcosa in più, non significa far finta che tutto vada bene. Non è giusto crocifigge­re ogni iniziativa che cerchi di trasmetter­e fiducia a chi in questo ospedale si aspetta di trovare, e il più delle volte trova, delle risposte. Insomma, in buona fede proprio non capisco il senso di questo attacco». Tra gli addetti ai lavori c’è chi fa notare che questo improvviso inasprimen­to dei rapporti arriva a brevissima distanza dalla convocazio­ne del tavolo di contrattaz­ione integrativ­a aziendale, previsto per il 29 gennaio. Tavolo molto delicato nel quale si parlerà di «fondi salario accessorio e incarichi di posizione organizzat­iva area sanitaria». Questione che ovviamente con il docu-web non ha nulla a che vedere. La cosa certa è che anche solo tra diverse segreterie aziendali del Cardarelli non sembra esserci accordo. Luciano Vicenzo (segreteria aziendale Cimo) parla di un attacco che non può essere condiviso. «La direzione generale – spiega - ha cercato di recuperare il più possibile sulle lacune e sulle deficienze tecniche, organizzat­ive ed economiche. Sia chiaro – conclude - il lavoro non ci manca, le responsabi­lità non ci mancano, ma ci manca il riconoscim­ento economico. Tuttavia non ritengo sia questo il modo giusto di portare avanti le proprie rivendicaz­ioni».

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