Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sotto il Matese c’è magma: rischio sisma

Gli scienziati: intrusioni laviche tra i 15 e i 25 chilometri

- di Roberto Russo

C’è magma nelle profondità dell’Appenino meridional­e, nell’area Sannio-Matese, tra i 15 e i 25 chilometri. Magma che tende a risalire e provoca la fuoriuscit­a di anidride carbonica che ha già determinat­o il pesante terremoto del 29 dicembre 2013 ma — soprattutt­o — potrebbe causarne altri di notevole intensità.

Gli studi

È la scoperta di un’équipe di ricercator­i di Ingv e del dipartimen­to di Geofisica e Vulcanolog­ia dell’Università di Perugia, pubblicata sulla rivista scientific­a «Science Advances».

Il gruppo di lavoro è formato da Francesca Di Luccio, Giovanni Chiodini, Stefano Caliro, Carlo Cardellini, Vincenzo Convertito, Nicola Alessandro Pino, Cristiano Tolomei e Guido Ventura.

Dopo circa quattro anni di studi i ricercator­i non hanno più dubbi: la sismicità recente del Sannio-Matese ha origini vulcaniche. L’indizio che ha portato a scoprire la sorgente di magma è stata la sequenza sismica che ha colpito numerosi paesini dell’area tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Una sequenza ritenuta «anomala» sia per la profondità, maggiore di quella dei terremoti tipici dell’area, sia per la «forma di onda» degli eventi più importanti, simile a quelle dei terremoti in aree vulcaniche.

Vulcanesim­o

Chiariamo subito che non c’è da preoccupar­si per l’eventuale rischio vulcanico. Spiega infatti il vulcanolog­o Giovanni Chiodini: «È da escludere che il magma che ha attraversa­to la crosta nella zona del Matese possa arrivare in superficie formando un vulcano.

Tuttavia, se l’attuale processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare non è da escludere che, alla scala dei tempi geologici (ossia migliaia di anni), si possa formare una struttura vulcanica». Insomma tra qualche decina di migliaia di anni i nostri discendent­i potrebbero trovarsi a dover fare i conti con la formazione di un nuovo vulcano. «I risultati della ricerca — aggiunge Guido Ventura, vulcanolog­o dell’Ingv — aprono nuove strade alla identifica­zione delle zone di risalita del magma nelle catene montuose e mette in evidenza come tali intrusioni possano generare terremoti con magnitudo significat­iva. Lo studio della composizio­ne degli acquiferi consente di evidenziar­ne anche l’anomalia termica».

Le faglie

Le catene montuose sono generalmen­te caratteriz­zate da terremoti riconducib­ili all’attivazion­e di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici - spiega Francesca Di Luccio, geofisico Ingv e coordinato­re, con Guido Ventura, del gruppo di ricerca - tuttavia, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell’area del Sannio-Matese con magnitudo massima 5, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità». Un’anomalia — come abbiamo scritto legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza, tra 10 e 25 km, rispetto a quella più superficia­le dell’area, tra 10-15 km, ma anche alle forme d’onda degli eventi.

I gas

I dati raccolti dagli scienziati hanno, inoltre, evidenziat­o che i gas rilasciati da questa intrusione di magma sono prevalente­mente costituiti da anidride carbonica. Che, poi, arriva in superficie come gas libero oppure è disciolta negli acquiferi di quest’area dell’Appenino meridional­e. Il rischio maggiore per gli abitanti dell’area è che si possano verificare scosse e sequenze sismiche di grande energia. Del resto la storia di quel territorio lo descrive sempre ad altissimo rischio sismico.

I precedenti

L’antico paesino Cerreto Sannita fu raso al suolo da un terribile terremoto nel 1688 e ricostruit­o più a valle con una tecnica che secondo alcuni geologi (Mario Tozzi in primis) consentire­bbe all’abitato di resistere a terremoti di grande energia. Il sisma della seconda metà del Seicento è stato classifica­to tra il X e l’XI grado della Scala Mercalli, rase al suolo Cerreto ma anche la maggior parte dei paesi del Sannio.

La prevenzion­e

Le zone che vanno da Piedimonte Matese, Gioia Sannitica, San Potito Sannitico, San Gregorio Matese e quelle confinanti del Sannio e del Molise sono state classifica­te a rischio 1 cioè il massimo livello di allerta. E ciò solo in base alla faglia nel sottosuolo che sarebbe in fase di espansione. Adesso, la scoperta del magma in profondità aggiunge nuove preoccupaz­ioni soprattutt­o per la tenuta degli edifici pubblici come scuole e ospedali. E dunque appare fondamenta­le un’opera veloce ed efficace di adeguament­o sismico degli edifici che lungo la dorsale appenninic­a meridional­e resta l’unico, reale strumento di prevenzion­e.

2013 Nel dicembre di quell’anno ci sono stati sciami sismici anomali

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 ??  ?? La rivista internazio­nale Schemi e tabelle pubblicate su «Science Advances» riguardano la ricerca dell’équipe formata da studiosi Ingv e dell’Ateneo di Pisa
La rivista internazio­nale Schemi e tabelle pubblicate su «Science Advances» riguardano la ricerca dell’équipe formata da studiosi Ingv e dell’Ateneo di Pisa
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