Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sotto il Matese c’è magma: rischio sisma
Gli scienziati: intrusioni laviche tra i 15 e i 25 chilometri
C’è magma nelle profondità dell’Appenino meridionale, nell’area Sannio-Matese, tra i 15 e i 25 chilometri. Magma che tende a risalire e provoca la fuoriuscita di anidride carbonica che ha già determinato il pesante terremoto del 29 dicembre 2013 ma — soprattutto — potrebbe causarne altri di notevole intensità.
Gli studi
È la scoperta di un’équipe di ricercatori di Ingv e del dipartimento di Geofisica e Vulcanologia dell’Università di Perugia, pubblicata sulla rivista scientifica «Science Advances».
Il gruppo di lavoro è formato da Francesca Di Luccio, Giovanni Chiodini, Stefano Caliro, Carlo Cardellini, Vincenzo Convertito, Nicola Alessandro Pino, Cristiano Tolomei e Guido Ventura.
Dopo circa quattro anni di studi i ricercatori non hanno più dubbi: la sismicità recente del Sannio-Matese ha origini vulcaniche. L’indizio che ha portato a scoprire la sorgente di magma è stata la sequenza sismica che ha colpito numerosi paesini dell’area tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Una sequenza ritenuta «anomala» sia per la profondità, maggiore di quella dei terremoti tipici dell’area, sia per la «forma di onda» degli eventi più importanti, simile a quelle dei terremoti in aree vulcaniche.
Vulcanesimo
Chiariamo subito che non c’è da preoccuparsi per l’eventuale rischio vulcanico. Spiega infatti il vulcanologo Giovanni Chiodini: «È da escludere che il magma che ha attraversato la crosta nella zona del Matese possa arrivare in superficie formando un vulcano.
Tuttavia, se l’attuale processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare non è da escludere che, alla scala dei tempi geologici (ossia migliaia di anni), si possa formare una struttura vulcanica». Insomma tra qualche decina di migliaia di anni i nostri discendenti potrebbero trovarsi a dover fare i conti con la formazione di un nuovo vulcano. «I risultati della ricerca — aggiunge Guido Ventura, vulcanologo dell’Ingv — aprono nuove strade alla identificazione delle zone di risalita del magma nelle catene montuose e mette in evidenza come tali intrusioni possano generare terremoti con magnitudo significativa. Lo studio della composizione degli acquiferi consente di evidenziarne anche l’anomalia termica».
Le faglie
Le catene montuose sono generalmente caratterizzate da terremoti riconducibili all’attivazione di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici - spiega Francesca Di Luccio, geofisico Ingv e coordinatore, con Guido Ventura, del gruppo di ricerca - tuttavia, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell’area del Sannio-Matese con magnitudo massima 5, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità». Un’anomalia — come abbiamo scritto legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza, tra 10 e 25 km, rispetto a quella più superficiale dell’area, tra 10-15 km, ma anche alle forme d’onda degli eventi.
I gas
I dati raccolti dagli scienziati hanno, inoltre, evidenziato che i gas rilasciati da questa intrusione di magma sono prevalentemente costituiti da anidride carbonica. Che, poi, arriva in superficie come gas libero oppure è disciolta negli acquiferi di quest’area dell’Appenino meridionale. Il rischio maggiore per gli abitanti dell’area è che si possano verificare scosse e sequenze sismiche di grande energia. Del resto la storia di quel territorio lo descrive sempre ad altissimo rischio sismico.
I precedenti
L’antico paesino Cerreto Sannita fu raso al suolo da un terribile terremoto nel 1688 e ricostruito più a valle con una tecnica che secondo alcuni geologi (Mario Tozzi in primis) consentirebbe all’abitato di resistere a terremoti di grande energia. Il sisma della seconda metà del Seicento è stato classificato tra il X e l’XI grado della Scala Mercalli, rase al suolo Cerreto ma anche la maggior parte dei paesi del Sannio.
La prevenzione
Le zone che vanno da Piedimonte Matese, Gioia Sannitica, San Potito Sannitico, San Gregorio Matese e quelle confinanti del Sannio e del Molise sono state classificate a rischio 1 cioè il massimo livello di allerta. E ciò solo in base alla faglia nel sottosuolo che sarebbe in fase di espansione. Adesso, la scoperta del magma in profondità aggiunge nuove preoccupazioni soprattutto per la tenuta degli edifici pubblici come scuole e ospedali. E dunque appare fondamentale un’opera veloce ed efficace di adeguamento sismico degli edifici che lungo la dorsale appenninica meridionale resta l’unico, reale strumento di prevenzione.
2013 Nel dicembre di quell’anno ci sono stati sciami sismici anomali