Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’eterna attesa di un’opera che non serve
Il prossimo anno dovrebbe iniziare a funzionare la linea 6 della metropolitana, perché saranno finalmente completate le stazioni Arco Mirelli e San Pasquale. Il condizionale nelle vicende napoletane è sempre d’obbligo, ma questa volta lo è ancor di più. Manca il personale e mancano i soldi per assumerlo e mancano i treni.
Circostanze che in qualunque altra città suonerebbero incredibili, ma alle quali a Napoli siamo largamente abituati, per non dire assuefatti. Ma qui c’è qualcosa di più della solita inadeguatezza della classe dirigente, c’è un livello di disastro amministrativo tanto paradossale da avere quasi una sua bellezza. I treni a disposizione sono quelli della vecchia linea tranviaria veloce degli anni ’80 riadattati a metropolitana e sono lunghi 25 metri. Sono treni vecchi e inadeguati, ma per fortuna sono già stati tumulati dentro le gallerie, perché purtroppo treni nuovi, dimensionati alle esigenze non sarà possibile infilarne dentro per almeno cinque anni. È incredibile, ma è così.
I treni moderni che andrebbero comprati (e qui il condizionale non è obbligo, è cortesia perché d’istinto direi che nessuno ha programmato la spesa) sono lunghi 39 metri, ma il foro per calarli nelle gallerie, nella zona di Piazzale Tecchio, è largo 27 metri. Sarà necessario un deposito a raso che, a quanto pare, si immagina di collocare a Bagnoli (tutto a Napoli deve andare a Bagnoli da una ventina d’anni) e che richiederà almeno cinque anni di lavori. Trattandosi di lavori non ancora programmati, un calcolo prudenziale potrebbe essere più o meno il triplo, dunque quindici anni. È una notizia tanto avvilente da diventare divertente. A Napoli i tempi di realizzazione delle opere infrastrutturali si misurano in generazioni. Il cronoprogramma della metropolitana parte dalla generazione di mio nonno e arriva a quella dei miei figli. La Ltr doveva essere pronta nel 1990, ossia per essere utilizzata dalla generazione di mio padre in età adulta. Io non ci ho mai messo piede, mio padre forse non riuscirà a vederla finita, a meno che non sfori il muro dei 100, forse mio figlio quando avrà i capelli brizzolati potrà andare alla partita una volta, così per lo sfizio di viaggiare su un treno d’epoca. È roba da matti. Per intenderci, la linea 6 della metropolitana di Napoli è la vecchia Ltr, il tram veloce progettato negli anni ’80 per collegare l’area occidentale della città al centro e che avrebbe dovuto essere pronta per i mondiali di calcio del 1990. Al calcio d’inizio era pronto un piccolo tratto, mai veramente utilizzato e tutto a Fuorigrotta. La parte più complessa dell’opera, che doveva arrivare in centro, era larga-mente naufragata; addirittura lo scavo del tunnel alla Riviera di Chiaia era stato sospeso perché i calcoli erano sbagliati e si sbucava a mare. Non so in quale altro angolo del mondo si sia progettata una galleria che invece di correre parallela al mare ci si andava a tuffare.
Si è ripreso a lavorare nel 2002 e, a quarant’anni dal progetto originario e dopo quasi altri venti anni di lavori, scopriamo, senza che vi siano non dico dimissioni ma almeno imbarazzi, che nella migliore delle ipotesi perché questa roba serva a qualcosa o a qualcuno ce ne vorranno almeno un’altra decina. Sembra che il tempo, a Napoli, non sia una variabile rilevante nella realizzazione dei progetti, mentre anche l’opera più bella del mondo, se la vedranno i figli dei nostri figli perde un po’ di senso. Qui si scaricano i problemi sulle generazioni future, sui figli che verranno. Siamo ancora alla logica dei posteri che non votano e, quindi, possono essere sacrificati. I debiti del Comune spalmati fino alla fine dei secoli sono l’esempio più evidente di questa logica, ma anche le infrastrutture che non servono a niente e a nessuno e il cui costo si protrae all’infinito come una tassa sulle generazioni future non sono da meno.
C’è da sperare che veramente De Laurentiis decida di fare lo stadio altrove, così il treno per Piazzale Tecchio sarà meno necessario e avremo tutto il tempo per fare le cose con calma.