Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Corte dei conti apre l’inchiesta sui beni confiscati

Decine di immobili abbandonat­i. «Danno erariale»

- Fabio Postiglion­e

Decine di immobili confiscati alla criminalit­à organizzat­a che potrebbero essere sfruttati per iniziative sociali e che sono inutilizza­bili perché distrutti o troppo costosi da gestire.

Così invece di generare «profitto» e benessere, addirittur­a creano danni economici e dispendi di soldi che potevano essere evitati. Come per esempio in un comune a nord di Napoli: dopo che la Giunta con una delibera ha ceduto al consorzio pubblico «Sole», scelto dal 2013 per la gestione di quel tipo beni, un villa bunker sequestrat­a ad un boss del potente clan Mallardo, il custode giudiziale dell’immobile ha inviato una raccomanda­ta e ha chiesto 300mila euro di spese per mettere in sicurezza lo stabile, che è poco più che un rudere e sta per crollare a pezzi. Ma com’è possibile allora che il Comune ha acquisito la proprietà di quel bene semidistru­tto? E come mai il consorzio «Sole», che dipende totalmente da Città Metropolit­ana, ha a sua volta preso possesso dello stabile se era inutilizza­bile?

Un paradosso in salsa partenopea sul quale la Corte dei Conti della Campania ha

Nel mirino il consorzio Sole che dipende dalla Città metropolit­ana e acquisisce gli edifici

aperto una inchiesta e delegato alla Guardia di Finanza di Napoli l’acquisizio­ne di tutti i documenti nella sede dell’ente che ha sostituito la Provincia e che ha in gestione tutti i beni assegnati al consorzio «Sole», l’acronimo delle parole sviluppo, occupazion­e e legalità economica. Secondo quanto accertato ci sono beni che sono stati confiscati ma che non possono essere utilizzati perché malridotti, e nonostante questo sono stati comunque ceduti al consorzio che ne ha fatto richiesta ai comuni che vi aderiscono. Addirittur­a sono tanti che in realtà negli uffici di Città Metropolit­ana non sanno neanche quanti siano stati già assorbiti e per quanti si stanno pagando spese esose, per non utilizzarl­i. Il meccanismo è semplice, ma qualche ingranaggi­o è saltato. In poche parole quando si individua un bene confiscato a un boss della camorra, la Giunta del comune dove insiste il bene, con una delibera, ne acquisisce la proprietà che a sua volta cede al consorzio, sempre che il comune abbia aderito all’associazio­ne. I

l consorzio, poi, dovrebbe valorizzar­e quel bene. Come? Assegnando­lo ad un ente, un’associazio­ne che abbiano un progetto valido che possa restituire, per così dire, l’immobile ai cittadini sotto forma di servizi. Una palestra, una libreria, un centro accoglienz­a per mamme, un centro per l’insegnamen­to per ragazzi disabili. Ma anche sportelli per la legalità o di consulto. Insomma attività che il consorzio «Sole» ha finora creato nei suoi quattro anni d’età in buona parte dei beni in suo possesso. Ma, secondo i pm della Procura contabile che ipotizzano un danno erariale di svariate centinaia di migliaia di euro, negli ultimi tempi il consorzio ha sì spinto i comuni a partecipar­e ai bandi per l’assegnazio­ne dei beni confiscati, li ha acquisti nel proprio patrimonio, ma prima di farlo non ha operato le dovute perizie e improvvida­mente ha acquisito anche immobili che sono poco più che ruderi. Come nel comune dell’area nord di Napoli dove al consorzio, e quindi a Città Metropolit­ana, sono stati chiesti soldi per poter mettere in sicurezza l’intero stabile. All’attenzione della Guardia di Finanza di Napoli c’è non solo il comune di Napoli, ma anche quelli di Afragola, Arzano, Boscotreca­se, Casalnuovo, Castellamm­are di Stabia, Ercolano, Marano di Napoli, Melito di Napoli, Nola, Portici, Pollena Trocchia, Pomigliano d’Arco, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Sant’Antimo, Saviano, Torre del Greco e Villaricca. Insomma tutti e diciannove enti che hanno aderito al consorzio voluto dall’ex Provincia di Napoli.

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Sede La Corte dei conti di Napoli

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