Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Corte dei conti apre l’inchiesta sui beni confiscati
Decine di immobili abbandonati. «Danno erariale»
Decine di immobili confiscati alla criminalità organizzata che potrebbero essere sfruttati per iniziative sociali e che sono inutilizzabili perché distrutti o troppo costosi da gestire.
Così invece di generare «profitto» e benessere, addirittura creano danni economici e dispendi di soldi che potevano essere evitati. Come per esempio in un comune a nord di Napoli: dopo che la Giunta con una delibera ha ceduto al consorzio pubblico «Sole», scelto dal 2013 per la gestione di quel tipo beni, un villa bunker sequestrata ad un boss del potente clan Mallardo, il custode giudiziale dell’immobile ha inviato una raccomandata e ha chiesto 300mila euro di spese per mettere in sicurezza lo stabile, che è poco più che un rudere e sta per crollare a pezzi. Ma com’è possibile allora che il Comune ha acquisito la proprietà di quel bene semidistrutto? E come mai il consorzio «Sole», che dipende totalmente da Città Metropolitana, ha a sua volta preso possesso dello stabile se era inutilizzabile?
Un paradosso in salsa partenopea sul quale la Corte dei Conti della Campania ha
Nel mirino il consorzio Sole che dipende dalla Città metropolitana e acquisisce gli edifici
aperto una inchiesta e delegato alla Guardia di Finanza di Napoli l’acquisizione di tutti i documenti nella sede dell’ente che ha sostituito la Provincia e che ha in gestione tutti i beni assegnati al consorzio «Sole», l’acronimo delle parole sviluppo, occupazione e legalità economica. Secondo quanto accertato ci sono beni che sono stati confiscati ma che non possono essere utilizzati perché malridotti, e nonostante questo sono stati comunque ceduti al consorzio che ne ha fatto richiesta ai comuni che vi aderiscono. Addirittura sono tanti che in realtà negli uffici di Città Metropolitana non sanno neanche quanti siano stati già assorbiti e per quanti si stanno pagando spese esose, per non utilizzarli. Il meccanismo è semplice, ma qualche ingranaggio è saltato. In poche parole quando si individua un bene confiscato a un boss della camorra, la Giunta del comune dove insiste il bene, con una delibera, ne acquisisce la proprietà che a sua volta cede al consorzio, sempre che il comune abbia aderito all’associazione. I
l consorzio, poi, dovrebbe valorizzare quel bene. Come? Assegnandolo ad un ente, un’associazione che abbiano un progetto valido che possa restituire, per così dire, l’immobile ai cittadini sotto forma di servizi. Una palestra, una libreria, un centro accoglienza per mamme, un centro per l’insegnamento per ragazzi disabili. Ma anche sportelli per la legalità o di consulto. Insomma attività che il consorzio «Sole» ha finora creato nei suoi quattro anni d’età in buona parte dei beni in suo possesso. Ma, secondo i pm della Procura contabile che ipotizzano un danno erariale di svariate centinaia di migliaia di euro, negli ultimi tempi il consorzio ha sì spinto i comuni a partecipare ai bandi per l’assegnazione dei beni confiscati, li ha acquisti nel proprio patrimonio, ma prima di farlo non ha operato le dovute perizie e improvvidamente ha acquisito anche immobili che sono poco più che ruderi. Come nel comune dell’area nord di Napoli dove al consorzio, e quindi a Città Metropolitana, sono stati chiesti soldi per poter mettere in sicurezza l’intero stabile. All’attenzione della Guardia di Finanza di Napoli c’è non solo il comune di Napoli, ma anche quelli di Afragola, Arzano, Boscotrecase, Casalnuovo, Castellammare di Stabia, Ercolano, Marano di Napoli, Melito di Napoli, Nola, Portici, Pollena Trocchia, Pomigliano d’Arco, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Sant’Antimo, Saviano, Torre del Greco e Villaricca. Insomma tutti e diciannove enti che hanno aderito al consorzio voluto dall’ex Provincia di Napoli.