Corriere del Mezzogiorno (Campania)
QUANDO IL VOTO È UNA VENDETTA
Il Pil sale, l’occupazione anche, e a sentire De Luca qui si fanno miracoli. A rigor di logica alle prossime politiche il Pd dovrebbe fare il pieno di voti e di seggi. E invece in Campania, come in genere in tutto il Mezzogiorno, i sondaggi raccontano una storia diversa. Dicono che saranno premiate le forze di opposizione. Ma attenzione. Dicono anche che ad essere premiata in maggior misura non sarà la forza che ha fatto più opposizione, nel modo più visibile e toccando i toni più alti, ma quella che ne ha fatto di meno. E cioè, non i Cinquestelle di Valeria Ciarambino, ma il centrodestra di Stefano Caldoro e Mara Carfagna. Sono le stranezze della politica, a meno che non si voglia credere che abbia pagato il garbo di una opposizione moderata. Sappiamo tutti, invece, che l’altra faccia della compostezza istituzionale del centrodestra è la quasi totale assenza nella realtà territoriale. Napoli «brucia» di troppa criminalità, cosa propone il centrodestra per venirne a capo? La società civile si mobilità contro le «stese» e le prepotenze giovanili, dove sono i berlusconiani? La movida e il turismo vanno regolati, ma come? E più il generale il Sud si muove ma resta lontano dal Nord, perché? Assenze e silenzi che pesano. Ma ciò nonostante, succede che in questo stesso Mezzogiorno guidato per anni da governatori tutti del Pd, la Sicilia sia già passata al centrodestra e che anche la ripartizione dei seggi nazionali, come pare, premierà questa parte politica. Dei seggi in palio nei collegi uninominali, stando ai sondaggi più recenti, il Pd rischia di non prenderne neanche uno. E in Campania il rapporto è questo: 16 al centrodestra, 6 ai Cinquestelle e zero al Pd. Se ne può dedurre che la politica premia non chi fa, nel senso che governa o si agita dai banchi dell’opposizione, ma chi mette a rendita i limiti dei concorrenti. Ciò farà sicuramente piacere al centrodestra. Ma non può non mettere in allarme l’osservatore esterno. Vuol dire che in politica vince solo il relativismo opportunistico?
I sondaggi Alle prossime elezioni vincerà il «relativismo opportunistico»?
Che impegnarsi in questioni di merito serve a poco o a nulla? In realtà, ciò è possibile solo nei contesti in cui la fiducia nella politica come progetto è ormai compromessa. Nei contesti, cioè, che per effetto del disagio sociale e della scarsa rappresentanza politica, giustamente vengono definiti (di recente ne ha parlato Gianfranco Viesti) «luoghi che non contano». Qui, dicono gli esperti, più che sostenere programmi e strategie, la tendenza è a consumare «vendette politiche». Nel nostro caso, la vendetta colpisce coloro su cui si era puntato di più: il Pd come forza di governo, e i Cinquestelle come forza antagonista. Il Pd ha puntato tutto sulla ripresa economica ma i dati Istat, si sa, sono una realtà differita: segnalano processi lunghi, lontani dalla stabilizzazione. E non addolciscono d’incanto le pene accumulate negli anni della crisi. E i Cinquestelle l’hanno fatta troppo facile, perché per cavalcare la rabbia sociale del Mezzogiorno servono selle robuste. Lo sa bene anche de Magistris a Napoli, contestato di recente non solo dai «movimenti» ma anche da sua cognata.