Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Depenalizzare la produzione e la vendita di droghe leggere
Il dibattito su violenza e criminalità, a Napoli, sembra non riuscire ad andare oltre il racconto-denuncia-indignazione per l’ultimo (in ordine di tempo) allarmante episodio di cronaca. Le manifestazioni di strada, quando riescono, sono certo importanti, ma è difficile possano fornire ricette. E invece, quello che è davvero urgente, è di trovare soluzioni, porsi il problema del che fare, che non può essere pura e semplice repressione, come d’altronde hanno affermato tutti quelli che sono intervenuti.
E siccome la criminalità più violenta, a Napoli e nel resto del mondo, si alimenta oramai quasi esclusivamente dei guadagni straordinari offerti dal commercio delle droghe, è probabilmente su questo commercio che si deve intervenire, per tentare di uscire dal circuito vizioso criminalità-repressione-violenza.
Un proibizionismo, quello in materia di consumo di stupefacenti, che è sostanzialmente fallito. I divieti e le leggi, in Italia e nel mondo, non impediscono l’acquisto di droghe, costringono solo il consumatore a rivolgersi al mercato illegale. Stando ai dati della Direzione Nazionale Antimafia, per quanto riguarda solo la cannabis, ogni abitante in Italia, compresi vecchi e bambini, ha a disposizione dalle 100 alle 200 dosi all’anno. È dunque un fenomeno paragonabile, secondo la Dna, «quanto a radicamento e diffusione sociale» a quello dell’utilizzo di altre sostanze lecite quali alcool e tabacco.
Ma, quel che è più importante, la Dna afferma il «totale fallimento dell’azione repressiva» e suggerisce al legislatore la depenalizzazione, di cui descrive i vantaggi: deflazione dei carichi giudiziari, possibilità di dedicarsi al contrasto di fenomeni criminali più gravi e, non ultimo, sottrazione alle gang di un mercato altamente redditizio. Fra i vantaggi, non vengono contemplati gli introiti che lo Stato italiano ricaverebbe da una legalizzazione, e si tratterebbe di svariati miliardi di euro.
Io credo, proprio in ossequio a questo bisogno di concretezza di cui si avverte la necessità nel dibattito su criminalità e violenza, a questa necessità di trovare risposte che possano «risolvere», che Napoli dovrebbe farsi promotrice di una iniziativa per la depenalizzazione della produzione e della vendita di droghe leggere (un ruolo che le viene facile per il fatto di costituire forse il più importante mercato italiano del settore). Sull’esempio di quanto è accaduto in Uruguay (nelle forme della «regolarizzazione» e della vendita di Stato) o in alcuni Stati nord americani come Colorado, Oregon, Alaska e Washington DC (nelle forme della «liberalizzazione» tout court). Dal 1° gennaio di quest’anno, la cannabis per uso ricreativo è legale anche in California, e la cosa costituisce un significativo salto di qualità, trattandosi di uno Stato di grandi dimensioni, paragonabili a quelle dell’Italia, ed è lo Stato più ricco dell’Unione, con un Pil pari a 2,2 trilioni di dollari.
È una novità particolarmente interessante, anche perché non si tratta di una decisione «calata dall’alto», ma voluta direttamente dai cittadini, che hanno legalizzato la cannabis attraverso un referendum popolare. Una tendenza diventata by-partisan negli Stati Uniti. Significativo è il caso dell’Alaska, paese di consolidata maggioranza repubblicana, dimostrativo del fatto che la battaglia antiproibizionista non è più monopolio dei soli democratici.
Intanto in Colorado prosegue la corsa a quello che viene oramai definito «l’oro verde», con l’apertura di centinaia di dispensari, che impiegano migliaia di dipendenti e pagano le tasse. Per non parlare dell’indotto, con avvocati specializzati nel «diritto della marijuana», commercialisti, tecnici della coltivazione e della trasformazione… pensate che opportunità di sviluppo potrebbe essere per Scampia e altre periferie degradate, che pure hanno maturato un importante know how nel settore.
La scelta della depenalizzazione si fa sempre più matura, dunque, e si consolida nell’opinione pubblica. E riguarda molto Napoli, «la capitale dell’illegalità». Sommessamente penso che debba affermarsi l’idea che il contrasto solo «militare» dei fenomeni criminali sia troppo costoso (in termini di risorse materiali, ma anche di sperpero di vite e destini individuali) e si sia dimostrato fallimentare, come dice oggi la Dna a proposito del proibizionismo per le droghe leggere. La verità di cui dobbiamo convincersi è molto semplice, addirittura banale: il modo più economico ed efficace di ridurre la criminalità legata al proibizionismo in materia di droghe, è quella della depenalizzazione.