Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La lotta per la parità non può diventare una guerra tra sessi
La lettera pubblicata da Le
Monde e sottoscritta fra gli altri da Catherine Deneuve ha qualche limite, ma anche un merito innegabile: ricordarci che la lotta per la parità dei diritti non può risolversi in una guerra fra sessi in cui l’uomo è il nemico da annientare con ogni mezzo, inclusi processi sommari sui media dove uno che cerca di rubare un bacio viene equiparato a uno che commette uno stupro. «Lo stupro è un crimine, ma la galanteria non è un’aggressione machista», scrivono le francesi e, di questi tempi, è una distinzione non superflua.
Siamo passati dalla caccia alle streghe a quella agli stregoni e ogni indizio, ogni allusione è utile per spedire qualcuno sul rogo. Il risultato è la diffidenza che cresce fra uomini e donne, è l’idea che siamo in armi gli uni contro gli altri, è l’impossibilità d’incontrare l’altro da sé, di trovare insieme una ridefinizione dei ruoli.
C’è la guerra dei sessi, ma dovremmo tifare per la pace. Ha detto Luciana Castellina al Foglio: «Non mi sconvolge che sia in atto una guerra al maschio: le rivoluzioni non sono pranzi di gala». Le guerre, però, le hanno sempre fatte gli uomini e non è detto che il genere femminile debba mutuarne i metodi. Diceva la femminista napoletana Angela Putino: «La donna guerriera usa un’altra misura e si muove su tracciati non ancora calpestati».
L’ondata di puritanesimo che sta nascendo porta a risultati grotteschi. In Svezia si discute di un disegno di legge che obblighi le persone a firmare un consenso dettagliato per ogni rapporto sessuale e c’è chi ha inventato una App con cui le coppie stabiliscono quali pratiche accettano e quali rifiutano. Finirà così: finirà nel ridicolo e quindi in niente. Sarebbe grave, perché c’è almeno un punto che va tenuto fermo e riguarda il sesso e l’abuso di potere, l’idea che le donne non debbano subire ricatti per lavorare e questo specie nelle fabbriche, negli uffici, negli ospedali, laddove la posta in gioco sono lo stipendio, la sopravvivenza, la dignità e non solo una chance di carriera e un nome nei titoli di coda di un film.
Dicono le francesi che «questa febbre per mandare maiali al macello, lungi dall’aiutare le donne a potenziare se stesse, serve gli interessi dei nemici della libertà sessuale, dei peggiori reazionari e di quelli che credono in nome di una morale vittoriana che le donne sono esseri “a parte”, che chiedono di essere protette». Sosteneva, invece, Eleanor Roosevelt: «Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo permesso». Le francesi scrivono che la libertà sessuale include la libertà di infastidire.
Un uomo che «infastidisce» è un «non evento» quando noi per prime
Catherine Deneuve No alle violenze ma gli uomini abbiano la libertà di sedurre Nel manifesto che ho firmato mai detto che nelle molestie ci sia del buono
non ci sentiamo prede. Poi, sui limiti immaginati dalle francesi je ne suis pas Catherine Deneuve: non si deve essere traumatizzate a vita se un uomo ti si struscia sul tram, ma quell’uomo dovrebbe farsi curare non avere la solidarietà delle Marianne di Francia. Luisa Cavaliere scrive che nel ragionamento francese si annida un’insidia che «è la confusione fra violenza e seduzione» e ha ragione, ma questa confusione è nata da un affastellarsi di denunce non tutte pertinenti.
Il regista Giuseppe Tornatore accusato dalla showgirl Miriana Trevisan di averla baciata non merita lo stesso trattamento di Harvey Weinstein accusato di stupro da più donne. Dire che si possono fare ragionamenti più pacati sull’argomento non significa ascriversi a un’ipotetica lista di donne che «teme di perdere i favori del principe». Si può essere donna, fare dei distinguo e non essere additata da altre donne come una loro nemica, o una donna di razza stupida.