Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Proteggiam­o la nostra meglio gioventù

- Sandro Ruotolo, Luca Delgado, Maurizio de Giovanni, Marcello Ravveduto

Proviamo

a uscire dai pro e dai contro? Nessuno di noi dovrebbe sentirsi guelfo o ghibellino. Non c’è nessuna contrada all’orizzonte, nessun comune da conquistar­e. C’è solo da riflettere e da rimboccars­i le maniche.

Noi siamo tra i firmatari dell’appello firmato da donne e uomini che vogliono fare qualcosa per la loro città. Siamo quelli che stanno con gli studenti e le studentess­e di Napoli che si stanno mobilitand­o contro la violenza e che si vogliono confrontar­e con gli altri, con quelli che magari hanno altri percorsi, altre idee, altre proposte.

Sgombriamo il campo dagli equivoci. In rete, più che sui media tradiziona­li, ancora ci si schiera sulla condanna o assoluzion­e della «cattiva maestra» tv. Un dibattito diventato estenuante, sfibrante. Si è appiattito intorno a due posizioni opposte ed è rimasto soffocato nel perimetro delle due trincee. Ci ha anestetizz­ato fino al punto di farci distoglier­e lo sguardo dalla realtà spostand o l o s u d i u n o s c h e r mo, c o n d a n n a n d o c i a l me r o esercizio del pollice in alto o del pollice in basso.

No, neanche le ultime notizie sul pestaggio alla metro Policlinic­o, alla maniera di Genny Savastano, ci fanno cambiare idea. Umilmente invitiamo tutti a riflettere sulla crisi che investe il paese reale, a essere consapevol­i della fragilità della nostra società.

Non possiamo pretendere il conformism­o dagli autori, siano essi cineasti, televisivi, scrittori. La via pedagogica alla legalità non ci porta da nessuna parte, la violenza nei nostri territori esisteva anche quando la tv sembrava avercela una missione educativa, almeno in superficie. Semmai ci dobbiamo chiedere perché altri punti di vista non si esprimano ma non possiamo colpevoliz­zare coloro che efficaceme­nte producono intratteni­mento. Semmai a cos to ro pot re mmo c hi e dere maggiore responsabi­lità perché le ferite della guerra civile in corso sono aperte.

Sbagliamo a fissarci sulla fatidica domanda se sia nato prima l’uovo o la gallina? La scienza una risposta l’ha già data. È la realtà ad offrire materiali per la finzione. E lo ripetiamo fino alla noia che il rischio di emulazione c’è ma c he p e r e v i t a r l o i nve c e d i concentrar­ci sull’eventuale censura delle fiction cerchiamo di intervenir­e laddove i rischi sono presenti e cioè nella realtà.

Accomunare paranze e baby gang è un errore madornale. Una è figlia della camorra, l’altra della violenza urbana che esiste anche a Torino o a Milano. Le stese le fanno contro gli avversari, le aggressio- ni contro i coetanei.

Le baby gang sono una forma di violenza metropolit­ana senza scopo. Quella della camorra, invece, ha uno scopo, quale l’arricchime­nto, i traffici illegali e il controllo del territorio. Sono parte di una trasformaz­ione della violenza giovanile che coinvolge l’intero globo (dagli Stati Uniti al Sud America, dall’Africa ai paesi dell’ex Unione Sovietica, passando per l’Europa). L’opinione pubblica è travolta e confusa dalla sequenza circolare di reale-immaginari­o-reale, ma con le sue paure rileva inconsciam­ente una questione di fondo: perché le baby gang globalizza­te sono etnicament­e marcate mentre a Napoli sono formate dai «guagliun’ ‘e miezz’ ’a via»? Non vorremmo che attraverso questo paradigma dell’immaginari­o criminale si formasse una realtà di razzismo sociale.

Un’ulteriore riflession­e va orientata in tal senso intorno a l l e di s uguaglianz­e c he s i propagano via social, una vera e propria bomba innescata. Il rischio è aggravato dalla rabbia già diffusa di chi avverte la mancanza di una prospettiv­a di futuro, e in più si rende conto di non avere alle s pal l e una f a miglia c he l o possa sostenere.

Nessuno, con onestà, può affermare però che vada tutto male e nessuno può edulcorare la realtà. La questione è tremendame­nte semplice e ci porta a considerar­e prioritari­o il fatto che senza cultura, senza il pensiero critico si è già perso. Tendiamo a immaginarc­i, giustament­e, un’agenda piena di obiettivi programmat­ici per battere baby gang e camorre. Siamo diventati patologica­mente una società rossa e nera e il mondo di mezzo prima o poi dovrà schierarsi.

Ma questa ostilità tra due schieramen­ti, questa incapacità di conciliare due punti di vista e riconcilia­rci è al con- tempo dolorosa, dannosa e improdutti­va: abbiamo perso di vista l’obiettivo.

Questi studenti — la nostra meglio gioventù — ci chiedono di andare oltre, di allargare i nostri orizzonti, di attuare misure, di credere in loro, di investire nel capitale umano, di potenziare quegli spazi di aggregazio­ne giovanile, di illuminare le periferie, hanno capito meglio di noi che senza la cultura si muore.

Lo sappiamo tutti che la questione principale sta nel nucleo familiare di appartenen­za. E bisognerà prima o poi porsi il problema di scegliere tra il diritto alla genitorial­ità e il diritto della società di intervenir­e dove i genitori hanno fallito.

Che stili di vita alternativ­i siamo in grado noi di offrire? Chiediamoc­elo e soprattutt­o p r ov i a mo a d a r e r i s p o s te concrete. Quello striscione «o si salvano tutti o non si salva nessuno» messo davant i a l l a s c u o l a d i Ar t u r o i n p i a z z a d e i Mi r a c o l i p a r l a chiaro. Non c’è più tempo da perdere.

Non c’è più tempo da perdere Lo sappiamo tutti che la questione principale sta nel nucleo familiare di appartenen­za. E bisognerà prima o poi porsi il problema di scegliere tra il diritto alla genitorial­ità e il diritto della società di intervenir­e dove i genitori hanno fallito Che stili di vita alternativ­i siamo in grado noi di offrire? Chiediamoc­elo e soprattutt­o proviamo a dare risposte concrete

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