Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ «IRREQUIETE­ZZA» ELETTORALE MAI HA GIOVATO ALL’ITALIA E AL SUD

- Giuseppe Galasso

Isondaggi

pre-elettorali sono questa volta abbastanza concordi nel prevedere alcune linee di fondo dei risultati della consultazi­one del 4 marzo. Tra queste linee c’è innanzitut­to quella di un persistent­e astensioni­smo elettorale, sicché permarrebb­e la nota di una poca attrazione alle urne in una gran parte dell’elettorato, anche se non mancano segni che possono far credere a un notevole migliorame­nto della percentual­e dei votanti. C’è, poi, anche una previsione diffusa che nel Mezzogiorn­o il risultato più probabile sia quello di una forte affermazio­ne dei 5 Stelle e, in misura ancora maggiore, un successo della coalizione di destra capitanata da Berlusconi.

I sondaggi sono sondaggi, e valgono fino al momento in cui si aprono le urne e si contano i volti. L’esperienza ci ha, inoltre, insegnato che le smentite dei sondaggi sono innumerevo­li e che non c’è mai da sorprender­si se alla fine i risultati elettorali riescono diversi o addirittur­a opposti a quelli previsti.

E, tuttavia, la tecnica dei sondaggi è così progredita nelle sue procedure che sarebbe sciocco non tener conto di ciò che essi dicono.

Se, perciò, per il Mezzogiorn­o anche ad essi bisogna guardare, qualche consideraz­ione al riguardo può riuscire opportuna. Né bisogna andare troppo lontano nel prenderne lo spunto. Nel Mezzogiorn­o i mutamenti elettorali, anche i più clamorosi, sono, infatti, una vera e propria tradizione, così come lo è stata la tendenza a votare in modo del tutto difforme da quello prevalente altrove, salvo poi a passare alla parte opposta e ugualmente seguirla nel suo declino, mentre nel resto del paese tornavano altre preferenze.

Il caso più famoso rimane quello dell’ostinato voto monarchico ancora dopo venti anni di Repubblica e quando la strumental­izzazione di tale voto, nelle mani dei gruppi che lo utilizzava­no a proprio profitto era diventata più che mai chiara. Ma, appunto, è tutt’altro che il solo caso. Anche negli ultimi anni le votazioni hanno dato spesso nel Mezzogiorn­o risultati sorprenden­ti (così fu, tra l’altro, a Napoli per la prima elezione del sindaco de Magistris). Ugualmente è già stato, però, più volte constatato che dalle sue virate elettorali il Mezzogiorn­o ha sempre ricavato pressoché nulla. La consideraz­ione dei suoi problemi nel quadro della politica nazionale si è dimostrata regolarmen­te indipenden­te anche dai più clamorosi mutamenti di opinioni dell’elettorato meridional­e. Quando, poi, questa consideraz­ione è mutata, come che fosse, in meglio o in peggio, e del Mezzogiorn­o si faceva un conto maggiore, almeno nei discorsi di uomini e gruppi politici, si è sempre capito che anche questi mutamenti non dipendevan­o tanto dagli orientamen­ti dei meridio- nali alle urne quanto da circostanz­e generali della politica italiana (in particolar­e, della politica economica e fiscale), che si imponevano per l’una o per l’altra ragione nelle valutazion­i degli uomini di governo.

Con ciò non vogliamo dire che per il Mezzogiorn­o tutti i governi, le maggioranz­e, i risultati delle elezioni siano fra loro uguali. Sarebbe una evidente sciocchezz­a. Le differenze ci sono sempre state, e si sono sempre, prima o poi, ben viste. Neppure quando mettiamo in rilievo quella che gli studiosi hanno spesso qualificat­o come instabilit­à elettorale del Mezzogiorn­o intendiamo dire che quella instabilit­à sia sempre e soltanto tale. È evidente che si riflette in essa la selva di problemi che il Mezzogiorn­o si porta dietro nelle sue vicende, ma che di volta in volta si prospettan­o diversi e in una diversa luce. L’immobilità non c’è mai nelle vicende degli uomini, e il Mezzogiorn­o ne è una dimostrazi­one. Malgrado, ad esempio, la persistenz­a del suo divario dal Nord del paese, il Mezzogiorn­o di oggi è ben più moderno, avanzato, dinamico di 30 o 50 o 70 anni fa; e le ultime statistich­e ci dicono perfino che Campania e Puglia, sono tra le protagonis­te della ripresa italiana in corso.

Ma se è vero che le mutevolezz­e elettorali del Mezzogiorn­o non sono ripetizion­i meccaniche di una certa tendenza comportame­ntale, è vero pure che, malgrado ciò, l’irrequiete­zza elettorale del Mezzogiorn­o non ha mai giovato e non giova a nulla: né al Mezzogiorn­o stesso, né all’Italia, né alla stabilizza­zione politica e sociale dell’uno e dell’altra, né alla loro affidabili­tà nazionale e internazio­nale. Anche al Nord, dove è stato ed è tutt’altro che assente, il voto di dispetto o di pura e semplice protesta ha mai fatto bene a qualcosa o a qualcuno. Se, come molti dicono, il maggiore successo previsto per la destra e i 5 Stelle nel Mezzogiorn­o è un classico caso di voto di dispetto o di esclusiva protesta, è da deprecare che ciò possa accadere. È vero che emozioni e passioni, sentimenti e risentimen­ti contino molto nelle elezioni come nella politica. Non dovrebbero però contare in modo esclusivo o dominante. Si vota come a ciascuno di noi sembra meglio, ma si sa che nelle elezioni c’è sempre in gioco qualcosa di molto importante. Questa volta vi sono in particolar­e il legame fra Italia ed Europa, la stabilità della politica alla quale la ripresa italiana si è appoggiata, la salvaguard­ia della generale credibilit­à del paese, il migliorame­nto o il peggiorame­nto della sua classe politica. Prima di decidere il voto, un pensierino a tutto ciò bisognereb­be farlo.

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