Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’accademica della Crusca Rita Librandi legge la lingua della Chiesa
Storica della lingua italiana raffinata e discreta, Rita Librandi sintetizza nel volume
L’Italiano della Chiesa (Carocci, 128 pagine, 12 euro; Rosa Casapullo e Michele Colombo ne parlano oggi, alle 18, nella Libreria Ubik di via Benedetto Croce) il suo lungo percorso scientifico, prevalentemente dedicato al multisecolare rapporto dell’idioma nazionale con la lingua ecclesiastica. Lingua che, nell’ampia prospettiva della Librandi, non è soltanto lessico, sintassi e quant’altro faccia pensare a questioni di pura forma e, aggiungo, di bieca egemonia: categoria, quest’ultima, attraverso la quale un disinvolto laicismo vorrebbe liquidare il lascito della Chiesa all’Italia unitaria. Perciò, nelle fitte pagine dell’autrice, docente all’Orientale nonché Accademica della Crusca, lingua sta, innanzitutto, per veicolo di alta pedagogia. Un vettore comunicativo, grazie al quale la Chiesa s’incarica d’istruire la gioventù: la scuola pubblica semplicemente non esistendo, per ragioni legate alla storia faticosa del nostro Paese. È l’argomento del primo capitolo, che ci ricorda l’azione dei Gesuiti, formatori di élite vieppiù dopo la svolta controriformista; e, per converso, l’apostolato di quei centri di prima accoglienza destinati al dirozzamento, non soltanto linguistico, degli emigrati: l’altra faccia di un progetto educativo complessivo, che riguarda gli strati inferiori della popolazione. Una compagine sociale nel contempo dotta e minuta, alla quale s’indirizza la letteratura devota — oggetto del secondo capitolo —, le cui esigenze del disciplinamento sociale, via dottrina, non lesinano in letterarietà, anzi: da San Bernardino in avanti. La letteratura devota — tema del terzo capitolo — viene quindi smontata e rimontata. Complice l’invenzione della stampa, la predica orale si trasferisce sulla carta: di qui, acute considerazioni sulla necessitata duttilità con cui la Chiesa resetta il suo patrimonio, aprendosi alla società di massa. Una modernità — delibata nel quarto capitolo — dal cuore antico: ne reca testimonianza l’uso di termini quali «pilatesco», «lavabo» e «fede», delle quali si pasce, spesso inconsapevolmente, l’attuale discorso pubblico così apparentemente secolarizzato. Con un futuro carico di incognite e di speranze: plasticamente raffigurabile nell’eloquio affabile, e pure teologicamente sottile, di Papa Bergoglio.