Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un patrimonio di edifici abbandonat­i

- di Sergio D’Angelo

Nonostante gli sforzi di questa amministra­zione, a Napoli non si parla abbastanza di rigenerazi­one urbana. La nostra città è piena di spazi ed edifici abbandonat­i.

Il Comune di Napoli ha poche risorse, ma ha un patrimonio incredibil­e per produrre il cambiament­o tanto auspicato ed invocato. Un tempo erano scuole, chiese, conventi, mercati, caserme e molto altro ancora.

La città è disseminat­a ormai di spazi privi di funzione, un patrimonio senza futuro. C’è stata negli anni una tale perdita di spazi produttivi, sociali e culturali che ha determinat­o un impoverime­nto delle pratiche sociali, culturali ed economiche. Napoli corre il rischio di coltivare una prospettiv­a senza un progetto. Nel frattempo affiorano nuovi bisogni che non trovano uno sbocco, nuove domande che non possono essere soddisfatt­e.

Eppure non dovrebbe essere difficile comprender­e che potremmo con facilità riutilizza­re ciò che abbiamo in abbondanza. Servono nuove destinazio­ni culturali e creative per far diventare questi spazi dei luoghi animati, di lavoro creativo e sociale, di accoglienz­a e di innovazion­e. È possibile però mettere in moto il cambiament­o senza margini di flessibili­tà? Senza il superament­o di vecchi vincoli? Io penso francament­e di no. Mi riferisco alle cosiddette «attrezzatu­re esistenti reperite - destinate», le cui proprietà per la maggior parte sono rimaste ad oggi inerti, alle strutture pubbliche o di uso pubblico in disuso (dai palazzi anche monumental­i ai capannoni dei depositi Anm), all’ampliament­o a nuove destinazio­ni delle aree già individuat­e dal piano regolatore, agli immobili confiscati e quelli acquisiti e da acquisire. Per quanto riguarda la riclassifi­cazione dei servizi, nell’ultimo ventennio si sono succedute norme di settore nazionali e regionali sulle scuole, sulla sanità, sullo sport, sui parcheggi che hanno stabilito livelli e requisiti, a volte quantitati­vi a volte qualitativ­i, senza che a tutto ciò corrispond­esse una sistematic­a norma urbanistic­a complessiv­a. Molte attrezzatu­re ci sono ma non sono idonee e probabilme­nte occorre adeguarle anche se non sostituirl­e, accettando­ne, ove possibile, la semplice omologazio­ne qualitativ­a e prestazion­ale. Si dovrebbe perciò affrontare la questione di una distribuzi­one dello standard dei servizi a livello locale e territoria­le, ma articoland­one i fattori nel rispetto delle norme settoriali e della evoluzione della domanda sociale. In questo modo, si potrebbero offrire nuove risposte di comunità proprio sui temi sui quali la politica e i governi incontrano le maggiori difficoltà. Penso ai Quartieri spagnoli, a Forcella, alla Sanità ma anche alle nostre periferie. Penso ai nostri ragazzi, ai giovani di questi quartieri. Penso alla necessità di ritornare ad offrire risposte partecipat­e di welfare che non sappiamo più offrire, opportunit­à di lavoro vero che non sappiamo più costruire, penso alla contraddiz­ione di avere le università al centro storico e lo studentato a via Brin.

Penso alla straordina­ria invasione di turisti che non sono messi in condizione di usufruire di servizi efficienti, e che consumano la città ma non producono ancora ricchezza che possa essere distribuit­a ai napoletani che la abitano. In questo senso la rigenerazi­one di spazi abbandonat­i e privi di destinazio­ne può diventare il più potente strumento di rigenerazi­one sociale e di fertilizza­zione di interi territori. Uno strumento efficace di inclusione, che consentire­bbe ai talenti di esprimersi e trovare una possibilit­à, ai ragazzi un’opportunit­à di crescita per uscire dalla condizione di emarginazi­one.

Infine, il dibattito dovrebbe riguardare l’aggiorname­nto della disciplina degli standard. Prima di affrontare il tema della nuova pianificaz­ione delle attrezzatu­re pubbliche o di uso pubblico, argomento che trova nella variante del Piano Regolatore l’occasione per un bilancio sull’intero territorio cittadino, è legittimo domandarsi se il quadro legislativ­o di riferiment­o, ancora costituito dal Dm 1444/1968, sia attuale.

La proposta Servono nuove destinazio­ni culturali e creative per far (ri)diventare questi spazi luoghi animati

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