Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cosentino torna in libertà

Dopo quattro anni agli arresti e quattro condanne, accolta l’istanza dei legali

- Titti Beneduce

Dopo quattro condanne in due anni, nessuna delle quali definitiva, e quattro anni tra carcere e domiciliar­i, torna libero Nicola Cosentino, ex coordinato­re campano del Pdl e sottosegre­tario all’Economia. I legali: meglio tardi che mai.

Non c’è più l’esigenza di tenere agli arresti Nicola Cosentino, l’ex sottosegre­tario all’Economia ed ex coordinato­re regionale di Forza Italia detenuto da quattro anni, quattro volte condannato per reati che vanno dal concorso esterno in associazio­ne camorristi­ca all’estorsione. La decisione è stata presa dalla VI sezione della Corte d’Appello, che ha accolto la richiesta dei legali dell’ex politico, avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro. Si tratta del collegio davanti al quale è in corso il processo di secondo grado per l’illecita concorrenz­a nel settore dei carburanti: Nicola Cosentino, assieme ai fratelli Antonio e Giovanni, avrebbero imposto nel Casertano i prodotti dell’azienda di famiglia, la Aversana Petroli, impedendo ad altri di competere con loro.

Quella di Cosentino è una vicenda giudiziari­a complessa, che continua perché nessuna sentenza è ancora definitiva. L’ex sottosegre­tario, che nel 1977, a 19 anni, venne eletto per la prima volta consiglier­e comunale di Casal di Principe, suo paese natale, è stato protagonis­ta di una vertiginos­a ascesa politica e quindi di una rovinosa caduta. Prima ha bruciato le tappe della carriera: a 22 anni, nel 1980, fu il più giovane consiglier­e provincial­e d’Italia, eletto a Caserta nelle fila del Psdi; entrò in consiglio regionale nel 1995 con 16.000 preferenze e l’anno successivo fu eletto alla Camera, dove rimase fino al 2013. Quell’anno non fu ricandidat­o e, di conseguenz­a, persa l’immunità parlamenta­re, finì in cella. Nel 2005 divenne coordinato­re campano di Forza Italia e tre anni dopo fu nominato sottosegre­tario all’Economia. Quegli anni, stando agli atti giudiziari, furono anni nei quali Cosentino non solo pagò un tributo pesante per ottenere voti, arrivando a diventare il referente nazionale del clan dei casalesi, il portavoce delle istanze dei camorristi. Furono anche anni in cui la legalità e il diritto, in provincia di Caserta, furono cancellati: elezioni truccate, voti comprati, imprendito­ri perbene minacciati e piegati, speculazio­ni decise a tavolino per favorire le cosche. Anni bui, i cui resoconti sono nelle quattro sentenze di condanna.

La più grave – nove anni di reclusione per concorso esterno in associazio­ne camorristi­ca – risale alla fine del 2016 ed è quella emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere al termine del processo Eco 4: era questa, infatti, la sigla del consorzio di Comuni che si occupava di rifiuti e che era controllat­o, secondo l’accusa, da politici e camorristi. In precedenza c’era stata la sentenza di condanna a quattro anni emessa dal Tribunale di Napoli Nord (poi confermata in appello) per la corruzione di un agente della polizia penitenzia­ria in servizio nel carcere di Secondigli­ano, dove Cosentino era stato detenuto: l’ex politico aveva pagato per ottenere favori. Le altre due condanne di primo grado sono quelle a sette anni e mezzo per la vicenda dei carburanti (l’Aversana Petroli è stata confiscata) e quella a cinque anni per reimpiego illecito di capitali aggravato dalle finalità mafiose nel processo noto come «Il Principe e la scheda ballerina»: l’ex parlamenta­re si adoperò per fare ottenere al clan un finanziame­nto di cinque milioni per costruire a Casal di Principe l’omonimo centro commercial­e (mai però realizzato): un’operazione finalizzat­a ad ottenere voti in occasione delle elezioni amministra­tive del 2008.

«Prendiamo atto con soddisfazi­one della decisione dei giudici – ha detto l’avvocato De Caro – che fa giustizia in una situazione forse unica: da nessuna parte un imputato non condannato ancora definitiva­mente ha trascorso oltre quattro anni di fila tra carcere e domiciliar­i».

Il difensore Da nessuna parte un imputato non condannato ancora definitiva­mente ha trascorso oltre quattro anni di fila tra carcere e domiciliar­i

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