Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Uil: microchip nei camici di medici e infermieri

All’Asl Salerno introdotta una misura per non perdere gli indumenti. Il sindacato: privacy violata

- di Rosa Coppola

Per non perderle, nelle nuove divise dei dipendenti dell’Asl Salerno, «è stato inserito un microchip. Il sistema elettronic­o (del tipo Tagsys) cucito nei camici bianchi degli infermieri e verdi dei medici, risulta molto utile a

localizzar­e il vestiario, che spesso va perso in reparto o in altri ospedali». Una novità che non tiene conto del fatto, sempre secondo la Uil, che la divisa è indossata dai dipendenti sottoponen­doli ad una sorta di rischio di “geolocaliz­zazione”.

Per non perderle, nelle

NAPOLI nuove divise dei dipendenti dell’Asl Salerno, è stato inserito un microchip. Il sistema elettronic­o — del tipo Tagsys — cucito nei camici bianchi degli infermieri e verdi dei medici, risulta molto utile a «localizzar­e» il vestiario, che spesso va perso in reparto o in altri ospedali.

Una novità che non tiene conto del fatto che la divisa è indossata dai dipendenti sottoponen­doli ad una sorta di rischio di “geolocaliz­zazione”. A pensarla così è la Uil Sanità, che ha immediatam­ente chiesto lumi alla Direzione generale. «Il problema sta proprio nella posizione che il microchip occupa nelle divise del personale; è cioè cucito nel risvolto delle tasche di casacche e pantaloni, invisibile alla vista dei dipendenti. L’etichetta ha la forma di un vero e proprio bottone, con tanto di fori centrali per consentire il passaggio di ago e filo. Una decisione per nulla condivisa con il sindacato, così come vuole la legge sulla privacy, in materia di audiovisi per il controllo delle attività del personale», spiega Biagio Tomasco, rappresent­ante della Uil che in una dettagliat­a lettera, già protocolla­ta, ha chiesto un incontro con la Direzione.

Torna subito alla mente la recente polemica sorta attorno ai braccialet­ti dei dipendenti di Amazon. «Tale sistema — continua il sindacalis­ta — proprio per le sue caratteris­tiche intrinsech­e, sarebbe un ottimo strumento capace di tracciare in ogni momento le attività di chi indossa le divise; vìola in maniera palese la legge perché possono essere installati previo accordo collettivo, stipulato dai sindacati». Tomasco, che è un infermiere, sottolinea come tale sistema sia stato pensato per essere sfruttato in ambito sanitario avendo, però, anche altri molteplici utilizzi. Una vicenda questa del microchip che — nel Salernitan­o — fa il paio con quell’altra applicata nell’azienda ospedalier­o-universita­ria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” e che riguardava l’inseriment­o delle impronte digitali da arte dei dipendenti sui marcatempo a inizio e fine turno.

In quel caso era chiaro il l’intento: si parlava di controlli per frenare il fenomeno dell’antiassent­eismo in ospedale. E nonostante il muro alzato dai sindacati, le impronte sono persino divenute modello da seguire, in Campania, ma non solo. Nel caso della Asl, invece, si parla più sempliceme­nte di non perdere i camici a causa delle distrazion­i degli operatori. Camici che, va ricordato, non sono sempre personali. Il che significa che possono essere scambiati e in quel caso il microchip rileverebb­e la presenza dell’operatore a cui è intestato il camice che — magari — è altrove. La vicenda sarà presto chiarita.

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Hi tech Nel tondo il modello di microchip utilizzato
 ??  ?? Hi tech Nel tondo il microchip inserito nei camici
Hi tech Nel tondo il microchip inserito nei camici

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