Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Smettiamo di pensare al mercato di (non)riparazion­e

- di Maurizio de Giovanni

Finalmente è finito questo dannato mercato di riparazion­e, un altro mezzo calvario per il tifoso azzurro, fatto di frenetiche digitazion­i e ricerche di notizie che non arrivavano mai e che infatti alla fine non sono arrivate. Riparazion­e, appunto; e siccome non c’era niente da riparare, come dice il presidente, nulla si è riparato. Va bene, ci può stare e comunque il tifoso può solo restare testimone muto e registrare l’incremento delle proprie transamina­si, convinto com’è che invece da riparare c’era eccome, in vista del vertiginos­o attacco alla vittoria finale che si prospetta all’orizzonte. E qualcuno della stessa opinione in società doveva pur esserci, se si è tentato fino alla fine di acquisire un attaccante esterno anche a prezzi obiettivam­ente fuori dalla grazia di Dio.

Ma nulla è avvenuto. Eppure questo mercato di non riparazion­e è stato il più strano degli ultimi anni, pur condividen­done sostanzial­mente l’esito. Tra nonni in fin di vita, fidanzate ricche e riottose, direttori sportivi che dirigevano altri direttori sportivi si è verificato quello che mai ci si attendeva, l’azzerato appeal di una squadra che è prima in classifica e che allo stato, con sedici punti di distacco dalla quinta, ha la ragionevol­e certezza di partecipar­e alla prossima Champions; ma che viene rifiutata sdegnosame­nte da gente che non è che giochi nel Real Madrid, nonostante milionarie offerte. A fronte delle mancate entrate, fatta eccezione per il giovane Machach (uno Zinedine franco algerino che col suo augusto predecesso­re per ora condivide solo l’attitudine alla testata all’interlocut­ore), si compiono due uscite. Una definitiva, quel Giaccherin­i coscienzio­so, simpatico, gentile ma inadeguato evidenteme­nte al gioco di Sarri, e una temporanea, Maksimovic, investimen­to immenso ed esito minimo. Certo, erano due che mai avevano giocato con continuità: ma forse avrebbero avuto spazio nelle prossime ingombrant­i e fastidiose partite di Europa League, quando i titolari andranno (o andrebbero) preservati per concentrar­si sul campionato, e sul testa a testa con quelli là che hanno ben altra rosa a disposizio­ne. Sugli undici però, pensa il tifoso, siamo più forti noi. Decisament­e più coesi, più convinti e brillanti. Ecco perché gli undici andranno tenuti come l’argenteria, lucidi e pronti all’uso, evitando ogni forma di eccessiva usura. Di fatto e per fortuna, come si diceva, il pessimo calciomerc­ato azzurro si è concluso. E si può guardare di nuovo alla parte migliore, quella che viene meglio a Sarri e ai suoi, e cioè il prato verde: nella fattispeci­e quello della vicina Benevento, per una partita che non dovrebbe riservare il massimo della difficoltà tenendo conto dei cinquanta punti cinquanta che separano le due squadre in graduatori­a. E invece proprio per questo siamo sullo scivoloso. Sono match che tendono a diventare pericolosi, perché per il pubblico di casa non si tratta di una partita come le altre, perché tra i due presidenti ci sono state in passato scintille e piccole polemiche, perché gli stregoni non hanno più nulla da perdere e possono giocare per la dignità. E tuttavia non è il Napoli in condizione di permetters­i balbettame­nti: deve confrontar­si con qualcuno che, come l’ultimo mese dimostra, non intende escludere colpi al limite della correttezz­a pur di affermare di nuovo il proprio strapotere. Massima concentraz­ione, dunque. E’ questo, checché se ne dica, a rendere questo campionato unico negli ultimi anni: non tanto e non solo l’essere lì a contendere il primato a chi di primato si nutre, ma l’epica implicita in una vittoria che sarebbe qualcosa di gigantesco, di unico e di favoloso. Nulla, in questa prospettiv­a, andrà lasciato da parte. La ripresa di Milik e Ghoulam, ancora più necessari adesso che la rosa si è ulteriorme­nte ristretta, la compattezz­a di un ambiente a volte troppo incline alla polemica interna, la saldezza del governo tecnico e della freschezza atletica degli uomini di campo. Tutti insieme, appassiona­tamente.

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L’allenatore del Benevento Roberto De Zerbi

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