Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Serpico, quell’Aglianico che s’avvicina ai Bordeaux
Un’etichetta ormai storica. Il Serpico fu “inventato” da Luigi Moio nella seconda metà degli anni Novanta, gli anni più effervescenti dell’enologia campana dello scorso secolo: gli anni della rivoluzione enologica, della distruzione frettolosa, ma pur necessaria, dei feticci di un passato troppo lungo per rappresentare il presente. Erano anni di cambiamenti repentini, di sperimentazioni ardite e spericolate, anni in cui tutto era ammesso, gli anni in cui furono importate le vendemmie tardive, gli anni delle barrique sparate a tavoletta, della botrite nobile, degli arditi assemblaggi, spesso dissimulati, tra vitigni autoctoni e alloctoni. Del Serpico che fu, anche sotto la successiva gestione tecnica dell’enologo umbro Riccardo Cotarella, rimane questo: un rosso di qualità superiore, attuale, piacevolissimo. Un Aglianico che si avvicina ai migliori bordolesi: più St Emilion che Medoc, morbido, plastico, espressivo. L’ultimo in commercio è figlio delle buona vendemmia 2012. A cinque anni e mezzo dalla vinificazione non manifesta segni di stanchezza. Perfetto il cromatismo: si propone per il vivace colore rubino, compatto, limpido, consistente. Molto gradevole l’impatto al naso. I profumi sono intensi e ben fusi tra di loro: tanti frutti di bosco rossi e neri, freschi e in confettura, la mora, il mirtillo, il ribes. Ancora note di ciliegia. E poi la liquirizia che rivela la provenienza da un vitigno (a piede franco) nel comune di Taurasi. Completano il bouquet il cuoio di pregio, gli aliti, molto contenuti, di eucaliptolo. Vino di gran corpo, ma per nulla sgraziato, caldo senza risultare afoso, secco, vellutato, assistito dalla giusta freschezza, irrobustito da uno splendido tannino. Sicuramente riserverà piacevolissime sorprese a chi avrà la pazienza di aspettarne la lenta evoluzione. Persistenza notevole. Sfiora le cinque bottiglie che potrà meritare col passare del tempo. Imperdibile sul churrasco.