Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il consigliere che ha silurato tre sindaci
Il consigliere comunale di Castellammare di Stabia ha fatto dimettere tre primi cittadini
«La caduta anticipata del sindaco Antonio Pannullo ha comunque rappresentato un momento triste. Ma era necessario staccare la spina. E così meglio farlo prima del 24 febbraio in modo da dare ai cittadini di Castellammare di Stabia la possibilità di tornare alle urne già a maggio. Altrimenti avremmo dovuto subire il commissariamento per un anno e mezzo».
E tre. Antonio Alfano, quarantasette anni, maresciallo della Guardia di Finanza, può vantare un singolare primato: è probabilmente l’unico consigliere comunale ad aver contribuito a mandare a casa prima del tempo tre sindaci consecutivi. Prima l’ex pm Luigi Bobbio del centrode- stra, poi Nicola Cuomo del Pd («Ma in quel caso ero all’opposizione fin dall’inizio») e lunedì Pannullo, anch’egli democrat. Non gli va di passare come un killer seriale di primi cittadini, per questo accetta di parlare delle sue scelte.
Perché un militare ha deciso di scendere in politica?
«Nel 2010, dopo la bruttissima pagina dell’omicidio di Gino Tommasino, la città aveva voglia di legalità. Con questo spirito entrai in una lista civica a sostegno del candidato Luigi Bobbio. Fui eletto con 470 preferenze e iniziai a seguire diligentemente i lavori del Consiglio comunale».
Cosa le fece cambiare idea?
«Dopo un anno di amministrazione iniziarono i primi dissidi. Alcune scelte del sindaco ci apparivano incomprensibili. Non potevamo fare come gli struzzi. Più volte lo invitammo a cambiare passo. Bobbio ci sostituì in maggioranza con altri consiglieri e così passammo all’opposizione, fino al voto sul bilancio del 2012 che sancì la sua caduta».
Altro giro altra corsa.
«Sì, quando si tornò alle urne rientrai in un raggruppamento di liste civiche a sostegno di Salvatore Vitiello. Vinse Cuomo del Pd e noi svolgemmo diligentemente il ruolo di opposizione fino all’epilogo determinato dalle dimissioni di esponenti della sua stessa maggioranza, alle quali aggiungemmo le nostre».
Perché nel 2016 si ricandidò come alleato del Pd a sostegno di Pannullo?
«Perché pensavamo che per la città fosse importante la valorizzazione della filiera istituzionale: Comune, Regione, Governo».
Anche in questo caso la luna di miele è durata poco.
«Purtroppo è stato così. Per 19 mesi il vero sindaco è stato il capogruppo del Pd Francesco Iovino (il luogotenente locale del capogruppo regionale Mario Casillo, ndr). Pannullo ha sempre boicottato le nostre iniziative, si è sottratto sistematicamente al confronto».
Perché si è arrivati all’epilogo?
«La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il decreto del 9 gennaio con la redistribuzione delle deleghe ai dirigenti. Nessun passaggio politico preventivo. La misura era colma».
Gli elettori non l’hanno mai accusata di tradimento?
«Al contrario. Nelle tre competizioni elettorali il mio consenso è salito da 470 a 925 preferenze».
Si ricandiderà?
«Mi sto concedendo una pausa di riflessione».
E sarebbe pronto a dimettersi di nuovo?
«Se necessario sì. Alla poltrona non ho mai tenuto e non sono abituato a nascondere la cenere sotto il tappeto».