Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Per sua fortuna non fu sindaco

- di Antonio Polito

Se penso che Giuseppe Galasso avrebbe potuto fare il sindaco di Napoli mi vengono i brividi. Napoli avrebbe unito in lui le parti migliori della sua storia recente.

La devozione dello storico verso la scuola di Benedetto Croce, sempre rimasto il suo faro intellettu­ale; la militanza in un partito piccolo ma dalla grande storia repubblica­na, il che non guasta ricordare ora che Napoli pullula di sedicenti neo-borbonici; la sensibilit­à verso la protezione dei beni della cultura, tra i quali forse per primo inserì anche il paesaggio, in una terra che al paesaggio deve tanto. Per giunta era un galantuomo, dato di fatto che nemmeno un lungo, infinito e per lui doloroso processo di Tangentopo­li che lo aveva erroneamen­te coinvolto riuscì mai a scalfire, visto che ne uscì alla fine pienamente assolto.

Per sua fortuna Galasso, che poté cosi proseguire la sua attività di ricerca con esiti di valore internazio­nale, non ce la fece a comporre quella giunta nel 1975, dopo un voto amministra­tivo che aveva scompagina­to il panorama politico nazionale e fatto fuori la Dc come forza dominante, privandola perfino di una maggioranz­a nel consiglio comunale di Napoli. Per fortuna della città ce la fece comunque un altro galantuomo, Maurizio Valenzi, che avrebbe guidato la città per otto anni in un conato di riscatto che Galasso e il suo partito sostennero.

Se penso dunque che il Comune non ha organizzat­o una camera ardente per Giuseppe Galasso mi vengono i brividi. È stato consiglier­e comunale della nostra città per ben ventitré anni, dal 1970 al 1993, un pezzo di storia cittadina, e di Napoli è stato anche assessore alla Pubblica Istruzione, e poi parlamenta­re per tre volte, dal 1983 al 1994. O forse no, è meglio così: tutto sommato anche da morto Galasso non si sarebbe sentito a suo agio circondato dalla classe politica locale che ci è rimasta. Se infine penso che Giuseppe Galasso ha cambiato il modo in cui la Repubblica italiana guardava all’ambiente, facendone un patrimonio pubblico che oggi la legge può difendere da attacchi e speculazio­ni private, mi vengono i brividi pensando a che contributo rilevante e duraturo un napoletano ha ancora una volta dato alla nazione.

I decreti ministeria­li che rimasero noti con il nome di Galasso, tra il 1983 e il 1987 , da lui emanati come sottosegre­tario prima nel governo Craxi e poi in quello De Mita, riuscirono a vincolare diversi beni paesaggist­ici; e infine la legge Galasso riformò radicalmen­te la normativa ancora risalente alla legge Bottai del 1939, facendo entrare il suo nome in un modo che si può certamente prevedere indelebile nella storia del nostro Paese. Napoli gli è grata, spero; e piange un grande napoletano.

Lo so, lui adesso avrebbe voluto essere alle Sciantose, il ristorante sotto casa sua a Pozzuoli, proprio davanti al mare, dove amava mangiare e portare i suoi ospiti. Ma ciò nonostante noi siamo felici per la sua vita e per la sua morte da giusto. La terra ti sia lieve, professore.

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