Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Tanta gratitudine e immenso dolore Abbiamo perso un punto di riferimento»
Disorientamento e gratitudine.
NAPOLI Progetti in corso, dialoghi e riflessioni interrotte bruscamente dalla morte. Tra gli storici-allievi e amici di Giuseppe Galasso, i sentimenti prevalenti sono questi, oltre al dolore e la consapevolezza di aver perduto un riferimento umano e scientifico nell’ordine che si preferisce.
«Quando abbiamo festeggiato con un incontro-omaggio i suoi 88 anni, immaginavamo che fosse il primo di una lunga serie: la sua scomparsa ci ha colti di sorpresa» dice Luigi Mascilli Migliorini. «Magari siamo bravi storici ma non quando le cose ci toccano così da vicino. A Giuseppe Galasso io devo tutto, e quel che non si vede sopravanza quel che è più evidente. Perdiamo un grande italiano, un grande uomo e storico europeo. Basti ricordare quello che disse di lui Jacques Le Goff: Voila le roi soleil de l’histoire. Il suo tratto distintivo è stato la vitalità, non il potere che pur ha esercitato ma che, diciamolo, ha avuto dei problemi con lui. E ancora: solarità, carattere forte, idee che non sono mai cambiate pur rinnovandosi nella curiosità costante. Il suo insegnamento è stato quello di intendere la storia come “esercizio di moralità” perché per lui vita e storia avevano un rapporto strettissimo. Sono stato a casa sua ieri, e sulla scrivania c’erano gli ultimi appunti, nel segno di un’operosità costante come modello di vita mutuato da Croce. Galasso ha amato molto la vita che lo ha ricambiato. Ora a noi tocca lo smarrimento intellettuale e umano per aver perso un grande maestro, di quelli che non hanno mai neanche desiderato di andare altrove. Quante volte avrebbe potuto raccogliere il
fujtevenne eduardiano, ma da meridionalista, da napoletano ha scelto Napoli sempre anche quando era altrove».
Per Piero Craveri ricordare Galasso «è difficile: ho passato una parte della mia vita ad averlo come mentore. Di certo una figura intellettuale così complessa e di una cultura così vasta è complicato da trovare oggi e ha pochi esempi nel passato. La sua conoscenza dei problemi del Mezzogiorno non era solo storica ma antropologica, sociologica ed economica: Galasso aveva penetrato lo spirito del Sud e questa consapevolezza si traduceva in passione politica e civile come testimoniava, ad esempio, negli articoli sul
Corriere del Mezzogiorno».
Renata De Lorenzo, a capo della Società Napoletana di Storia Patria che Galasso ha guidato dal 1980 al 2010, ricorda «la sua funzione di stimolo continuo per farci intraprendere nuovi percorsi scientifici ed editoriali. Ci ha insegnato anche l’importanza dell’erudizione come solidità delle fonti e della comparazione
europea perché la storia non è mai locale».
Paolo Macry non è stato allievo diretto di Galasso, ma negli ultimi decenni aveva stretto con lui un rapporto privilegiato. Ne ricorda «l’attenzione per gli altri e gli amici. Con lui si poteva parlare in modo critico in sede pubblica e privata. Ha avuto un rapporto forte persino aggressivo e talvolta bulimico con la vita. Fino all’ultimo giorno è stato dentro non solo il suo mondo ma dentro il mondo. La voracità di vita è stata anche voracità di storico che si è occupato di tutti i periodi delineando quadri complessivi: cifra, questa, solo dei grandi storici». L’orgoglio del suo percorso intellettuale «dal basso» è stato per Vittoria Fiorelli, che appartiene all’ultima generazione dei suoi allievi, un tratto determinante della personalità di Giuseppe Galasso: «Rivendicava di aver studiato per diventare maestro elementare e da lì aveva iniziato le sue mosse, portate avanti con acribia e passione. Per questo sapeva parlare a tutti e ascoltare tutti con una grande carica umana. La sua semplicità non diventava mai semplificazione».
«Fare progetti fino alla fine, gioire della vita vissuta con lucida capacità di lavoro, meticolosità e preparazione costante senza mai giovarsi di una rendita di posizione intellettuale che, se non lui, chi altri avrebbe potuto vantare?» l’allievo Aurelio Musi fa fatica a realizzare l’assenza del maestro. «All’auditorium della Rai, per le Lezioni di Storia organizzate dal Corriere del
Mezzogiorno, riuscì a portare folle da stadio, più di mille persone così come di recente al teatro Bellini. Oggi parlano di public history. Ma l’aveva già inventata lui... Solo che a Napoli niente si sedimenta. Tra i segreti del suo successo: la memoria straordinaria e il dialogo reale con l’altro. Di recente mi aveva confessato di voler scrivere un manuale di geografia e uno di letteratura italiana...».