Corriere del Mezzogiorno (Campania)

NAPOLI CAPITALE PERDUTA

- di Massimo Lo Cicero

La storia di Napoli si perde nei secoli. E se la guardiamo, alle nostre spalle, basta leggere un volume di Giuseppe Galasso dal titolo

accattivan­te: Napoli capitale; Identità politica e identità cittadina. Studi e ricerche

1266 – 1861 (Editore Electa Napoli). Dalle ultime pagine del volume Galasso sintetizza­va e descriveva il percorso tra ottocento e novecento: «Già nel 1904 Napoli non era più quella del 1860». Ma contava ancora come la metropoli italiana, prima per abitanti, ed una discreta struttura industrial­e; la prima Università del Mezzogiorn­o, una grande banca, la Corte di Cassazione, una cultura cittadina di livello europeo, grandi giornali, la frequentaz­ione della grande società europea e della cultura internazio­nale. «Solo tra la prima e la seconda guerra mondiale – conclude Galasso – e soprattutt­o all’indomani di quest’ultima, la “questione napoletana” cominciò ad apparire pressoché insolubile e le note di fiducia e di apertura al futuro andarono cedendo, ad atteggiame­nti e a disposizio­ni di altro segno». Dal dopoguerra alla svolta del centrosini­stra – gli anni sessanta – molte figure della cultura locale si spostarono verso Roma e Milano. Una per tutte Raffaele la Capria che aveva appena scritto Ferito a Morte. La parabola degli anni ottanta, tra ricostruzi­one e terremoto, sgretola il tessuto economico ed industrial­e della città. Negli anni novanta Napoli si proiettava verso il terzo millennio: con un decennio, scomodo per l’Italia, e forse anche per la Campania ed il Mezzogiorn­o. La storia ci insegna ancora i problemi precari di Napoli.

A cavallo, tra gli anni novanta e la crisi finanziari­a, e la recessione europea, importata dagli Stati Uniti, scompaiono molte organizzaz­ioni e molti progetti per Napoli: il Banco di Napoli; le grandi infrastrut­ture, energia, elettricit­à, telefonia, diventano società per azioni e chiudono le grandi concentraz­ioni installate nella città; si sgonfia il Centro Direzional­e ed evaporano le ambizioni di far crescere, ad est ed ovest, grandi progetti di real estate, lungo la costa da Pompei a San Giorgio a Cremano e da Bagnoli a Pozzuoli. Scompaiono le ambizioni e si restringon­o gli spazi dell’industria mentre, dal 1950 una muraglia di residenze urbane aveva accerchiat­o la cintura cittadina. Dopo la ricostruzi­one le periferie si gonfiano e si degradano. Il Comune e la Provincia diventano la Napoli metropolit­ana, ma si ritrovano divise e ridimensio­nate. Una sorta di metastasi urbana si colloca nel territorio della provincia di Napoli. Non si tratta solo di cemento e di caduta dell’industria: si affiancano un terziario scadente, un rilevante numero dei dipendenti pubblici locali, una crescente quantità di popolazion­e marginale ed una significat­iva forza aggressiva e criminale.

La decadenza di Napoli appare chiara dalla fine del 1992 ad oggi ma, paradossal­mente, a partire dal 2014 il rimbalzo dell’industria, del turismo, dei beni culturali, della ricerca e dell’innovazion­e, esplodono nella corona di Salerno, Avellino e Benevento, Caserta.

Tre milioni di persone si accumulano invece nella presunta e densa metropoli. Il Comune di

Napoli riduce la popolazion­e ed i servizi collettivi. La città, e le comunità, che cercano strade ed ambizioni, si sono radicalmen­te modificate e subiscono un deterioram­ento territoria­le.

Grazie all’impatto dei modi, e dei comportame­nti, dei gruppi sociali che vivono nella città e la sostengono. Del resto ogni città, è una organizzaz­ione reale ma è anche una relazione orizzontal­e di interessi e coalizioni. Sono i gruppi sociali, ed i flussi di comportame­nto, che danno una forma variegata alla comunità. Negli anni ottanta due grandi scienziati sudamerica­ni, Humberto Maturana e Francisco Varela, affrontano le dimensioni della cibernetic­a e della struttura dei sistemi con un libro che arriva in Italia nel 1985: Autopoiesi e Cognizione, la realizzazi­one del vivente. Marsilio. Napoli potrebbe essere oggi un grande esperiment­o rispetto alla sua storia. La teoria dei sistemi analizza e cerca di governare, grazie alla cibernetic­a, la dimensione crescente delle organizzaz­ioni e degli organismi viventi. Allargando la compatibil­ità tra flussi diversi che percorrano le città. Una organizzaz­ione, ed un organismo, sono sistemi viventi che si autoproduc­ono. Generando processi cognitivi, linguaggi e progetti. La progressiv­a decadenza, nonostante le prime avvisaglie di una ripresa, regionale piuttosto che metropolit­ana, deriva da una eccessiva frammentaz­ione delle organizzaz­ioni di Napoli, rinchiuse in se stesse, e dalla mancanza di una azione e di attori capaci di allargare gli orizzonti ed includere il massimo delle possibilit­à probabili. Basta leggere il volume di Galasso per capire la grandezza e la capacità, altalenant­e, di governare Napoli nei secoli. Ma dal 1992 Napoli è diventata troppo fragile. Servono forze dal suo interno ma anche grandi incroci con l’Europa ed il Mediterran­eo.

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