Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Giardina: tutti lo veneriamo come il padre degli storici esperienza non riproducibile
Il ricordo dei «colleghi». Il rettore della Federico II: un maestro
Quel solenne banco dei relatori nel salone della Società di Storia Patria l’ha visto mille volte protagonista con la sua facondia, le pause, la sapiente ironia di marca napoletana. Per questo ieri le parole in suo omaggio che scivolavano con le lacrime sul tavolo sembravano avere uno spettatore silenzioso ma onnipresente. Giuseppe Galasso è stato ricordato in una cerimonia tanto sobria quanto affollata e affettuosa.
Gaetano Manfredi, rettore di quella che è stata la sua prima Università, la Federico II, ha ricostruito il profilo dell’«intellettuale raffinato che ha dato lustro e servito il nostro ateneo con grande dedizione, senza sottrarsi mai alle pratiche quotidiane del governo dell’istituzione. Non solo uno studioso, dunque, ma un uomo impegnato per il Mezzogiorno che guardava all’Europa senza rivendicazioni nostalgiche». E poi: «È stato un grande maestro che ha costruito radici forti nelle università italiane e tessuto relazioni importanti con gli atenei stranieri. Ancora oggi alla Federico II ci sono suoi allievi che rientrano dall’estero. Ha creato un modello di scuola viva. Al di là dei meriti scientifici va ricordato che Galasso ha incitato le persone ad attivarsi per e nella cosa pubblica, consapevole com’era che lo scollamento tra le persone perbene della classe intellettuale e delle professioni e la politica costituisse uno dei mali del Paese».
Lucio D’Alessandro, rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa presso la quale Galasso ha insegnato fino alla fine, ha ricordato che «per lui la storia aveva una funzione sociale: era preparazione all’azione, alla responsabilità nella vita civile. Negli anni Cinquanta era stato maestro elementare nell’entroterra campano e questa esperienza, di cui era orgoglioso, aveva contribuito a farne il Maestro che abbiamo avuto il privilegio di conoscere. Come i grandi intellettuali, è stato un uomo delle istituzioni, a partire dalle università. La nostra, nel 2012 gli conferì la laurea honoris causa in Conservazione dei beni culturali per la priorità che aveva sempre assegnato alla bellezza. Lo ricordo all’Istituto Croce sempre seduto lateralmente, una postura che si offriva alla conversazione con gli altri».
Andrea Giardina, presidente della giunta centrale degli studi storici, e soprattutto studioso al quale Galasso era legato da una particolare stima, ha parlato della vita del nostro storico come di «un’opera compiuta». «Non compensa la perdita — ha detto — ma allieva il dolore il considerare i suoi 88 anni smaglianti come il completamento della sua vita-opera. Lo veneriamo come il padre degli storici e mi sono sempre interrogato sul perché mi concedesse la sua amicizia. Spirito di servizio, percezione democratica, deposito vivo di cultura, rifuggiva dalle gerarchie. La sua cifra tra autorevolezza e autoironia era quella di un temperamento drammatico, dominato con autocontrollo ed eleganza. Professionista della “crisi” e consapevole delle aporie della storia ripeteva “non che sia un male, dico solo che siamo dei sopravvissuti”. Come quella di Santo Mazzarino e Federico Chabod la sua è un’esperienza non riproducibile, una vicenda eccezionale, un’esistenza periodizzante che crea un prima e un dopo. Noi possiamo dire di aver visto la vita di Giuseppe Galasso».
Manfredi Un uomo impegnato per il Sud senza rivendicazioni nostalgiche