Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Gli unici divertiti erano i bambini L’allerta meteo? A noi mai arrivata»
Stefano Sticchi, barista del rifugio
Come spesso accade in
NAPOLI casi del genere sono stati i bambini a divertirsi; ché gli adulti di strizza ne hanno avuta. Tre marmocchi — che forse non arrivavano ai 10 anni — ne avranno da raccontare ai loro amichetti: avvolti in una tormenta di neve, con un vulcano che incombeva su di loro. «Davvero, per nulla preoccupati», racconta Stefano Sticchi, barista, uno dei dipendenti del rifugio “Vesuvio quota mille” che ha prestato i primi soccorsi ai 23 turisti che scendevano dal Cono.
Sticchi ci racconti.
«Guardi, le cose hanno cominciato a mettersi male attorno alle 13.30, i fiocchi lievi sono diventati più copiosi, poi ci si è messo il vento. I turisti stavano scendendo dalla bocca del cratere quando è iniziato a nevicare».
Localizziamo il tutto: il cratere del Vesuvio a che quota è?
«È a quota 1.200 metri, noi con il nostro rifugio siamo a quota 1.000. I turisti erano nel tragitto tra la “bocca” e noi, avranno percorso un centinaio di metri con la tempesta che infuriava».
Sapevate che c’era gente che si stava arrampicando sul Cono?
«No, non sapevamo nulla. Poi con questo tempo che, insomma, si annunciava... Stavamo chiudendo il rifugio quando è entrata una famiglia di quattro persone, suppongo fossero svizzeri ma potrei sbagliarmi, e ci hanno avvisato che c’erano altri turisti che stavano scendendo e che erano immersi nella tempesta».
A quel punto?
«Ci siamo guardati in faccia io, il mio collega Josè Imperato e il titolare del rifugio Antonio Daniele. Abbiamo riaperto, risistemato i tavoli e atteso che arrivasse il gruppo».
Cosa che poi è successa.
«Sì, sono arrivati anche con le guide che hanno fatto loro da scorta. Li abbiamo subito rifocillati con panini, bibite, the caldo. Li abbiamo messi vicini alla stufa a legna — l’unica in zona, il nostro è un locale che sta qui da 50 anni — per riscaldarli».
Morti di freddo e di paura.
«C’erano tre bambini e mi è sembrato se la stessero godendo un mondo. Davvero, per nulla preoccupati. Gli adulti invece no, erano in apprensione cercando di capire come avrebbero potuto andar via di lì. All’inizio nessuno sapeva come sarebbe evoluta la cosa».
Erano turisti italiani?
«No, tutti stranieri, ce ne sono ancora che vengono da queste parti in questa stagione. Io un po’ di inglese lo mastico e così abbiamo provato a capirci».
Capire come evacuarli?
«Certo, abbiamo chiamato la Protezione civile, c’era anche un’auto della polizia del commissariato di Portici
pronta a intervenire».
Occorreva tornare al pullman.
«Si, al pullman parcheggiato a quota 600».
Ma scusi, un comunicato di allerta meteo da parte della Protezione civile inviato a tutti gli operatori sul Vesuvio è mai arrivato?
«Allora: a noi, che io sappia, no. E da quel che ho sentito dire nemmeno alle guide».
Non le pare strano che almeno alle guide non sia stato inviato.
«Guardi è capitato in altre occasioni che le guide abbiano chiuso il percorso e annullato le passeggiate. Se invece lo hanno lasciato aperto oggi (ieri per chi legge, ndr) ne deduco che nulla abbiano ricevuto».
Di attrezzature nemmeno a parlarne immagino.
«Il vero nodo è questo: né spazzaneve né spargisale. Non abbiamo nessun macchinario per far fronte a situazioni del genere».
Che lei ricordi ce n’è stata in passato qualcuna simile?
«Io lavoro qui da cinque anni, ma non mi è mai capitato di vedere una bufera simile».
Le carenze Ancor oggi non abbiamo spazzaneve né spargisale per far fronte a situazioni del genere