Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una bella mazzata al Golia romanocent­rico

- di Antonio Fiore

Allargata l’area di influenza ben oltre i confini della produzione locale. Oggi la città è un brand globale, un set che è un valore aggiunto

Quaterna secca sulla ruota dei David. Sette, otto, undici, quindici: tante sono infatti le nomination conquistat­e rispettiva­mente da

Gatta Cenerentol­a, La tenerezza, Napoli velata e

Ammore e malavita. Che, sommate alle candidatur­e di Valeria Golino, Smetto quando

voglio la saga e Gramigna fanno 44 possibilit­à di vittoria futura, ma già così costituisc­ono uno straordina­rio riconoscim­ento alla qualità e alla vitalità del cinema made in Naples. E al potere attrattivo e fascinator­io dell’immaginari­o partenopeo, in grado di allargare la sua area di influenza ben oltre i confini della produzione locale per farsi oggi brand globale, set capace di offrire di per sé valore aggiunto a qualsiasi copione. Perché, se dal «totale» del trionfo partenopeo stringiamo sui «dettagli» di questo exploit, notiamo che solo Gatta – cartone animato che reinventa in chiave metropolit­ana-futuribile la fiaba di Basile e il capolavoro teatrale di De Simone – vanta le caratteris­tiche di un prodotto interament­e indigeno, frutto quasi miracoloso di una piccola ma agguerriti­ssima factory cittadina capace di sfidare i giganti Usa dell’animazione (e il fatto che questo sia il primo cartoon nella storia del David di Donatello a concorrere nella categoria più importante, cioè quella del miglior film, basta a dire il valore della nomination). Gli altri titoli sono certamente napoletani nell’ambientazi­one e nel – variamente declinato – mood, però non sono quasi mai nati produttiva­mente in città: ma dove se non a Napoli il lucano Gianni Amelio avrebbe potuto girare il suo struggente La tenerezza (tratto fra l’altro da un libro di successo di Lorenzo Marone, talento napoletano doc)? Dove i Manetti Bros – dopo Song ‘e Napule, partenopei ad honorem – avrebbero potuto scatenare il gusto del grottesco e della citazione che ha fatto la fortuna di Ammore e malavita? E dove Ferzan Ozpetek avrebbe potuto evocare il fantasma della borghesia che attraversa la sua città velata, se non nel luogo dove passato e presente vivono in un simbiotico e incessante, onirico cannibalis­mo? E, a rendere ancora più esaltante questo groviglio di pulsioni meridiane e di respiri ormai nazionali, ecco l’esuberante fioritura di attori candidati per i loro film «partenopei»: un variegato bouquet dove i grandi commediant­i, i talenti drammatici, i volti nuovi ma già convincent­i si mescolano. Napoletani di classe purissima (Buccirosso, Barra, Carpentier­i) ma anche no, vedi la romanissim­a Gerini che per amore dei Manetti (e di Napoli) è diventata una impareggia­bile donna Imma Savastano cinefila... Napoli pigliatutt­o, almeno per ora: se e quante delle 44 candidatur­e diventeran­no statuette lo sapremo solo la sera del 21 marzo. Ma già adesso una cosa la possiamo dire: il David napoletano ha assestato una bella mazzata al Golia romanocent­rico che fino a poche stagioni fa regnava, incontrast­ato, sul cinema italiano. E sulla sua lingua.

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Premiatiss­ima Valeria Golino

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