Corriere del Mezzogiorno (Campania)
QUEI SILENZI SUL CASO FONDAZIONE
di Sergio Locoratolo
Nata come vicenda di nicchia, la questione della Fondazione Banco di Napoli sta diventando esplosiva. Al centro della disputa il ruolo che la Fondazione dovrebbe esercitare in merito a quella che molti hanno definito come «la svendita del Banco di Napoli» avvenuta alla fine degli anni novanta del secolo scorso. Il Banco di Napoli, infatti, venne ceduto, nel 1997, per 61 miliardi di lire a Bnl e ad Ina, le quali, nel 1999, lo rivendettero a 3.600 miliardi di lire, realizzando una plusvalenza di oltre 3500 miliardi di lire. Inoltre, è emerso negli anni che i crediti vantati dal Banco di Napoli prima della privatizzazione non erano, come invece fu considerato all’epoca, per nulla carta straccia. Tanto è vero che essi sono poi stati quasi totalmente recuperati dalla Sga (la società appositamente creata per la gestione dei crediti deteriorati), oggi di proprietà del Tesoro. In buona sostanza, e al di là dei tecnicismi, a parere di molti questa complessa operazione finanziaria avrebbe mietuto due vittime: gli azionisti del Banco di Napoli (in primis la Fondazione Banco di Napoli) che hanno ricevuto quattro spiccioli dalla vendita della banca e la città di Napoli che ha perso, in termini qualitativi ma, e soprattutto, quantitativi, i benefici delle erogazioni e degli investimenti che la Fondazione, un tempo ricca, copiosamente le assicurava.
finora mantenuto il silenzio assoluto su avvenimenti che possono divenire cruciali per comprendere la storia passata e per definire il futuro prossimo della città. Eppure, in questi mesi, il sindaco avrebbe avuto molte occasioni per dire la sua. Ad esempio, replicando alle dure accuse sollevate dal professore Orazio Abbamonte nel corso di una corrosiva intervista rilasciata qualche settimana fa a Roberto Russo per il Corriere del Mezzogiorno. E Abbamonte, divenuto progressivamente più critico con la gestione di Marrama, era stato indicato proprio da de Magistris nel Consiglio Generale della Fondazione. Ed è parimenti singolare che il secondo rappresentante del comune di Napoli all’interno di quell’organo si sia dimesso inspiegabilmente qualche mese fa. Inoltre, è fresca la notizia che nella terna di candidati scelta da de Magistris per l’imminente rinnovo del Consiglio non figuri un solo esponente napoletano e non compaiano personalità unanimemente riconosciute come dotate di indiscussa e comprovata esperienza in materia, e perciò consone al ruolo e al prestigio della Fondazione.
Dunque, si appalesa ancora la evidente volontà del sindaco di Napoli di smarcarsi, di rimanere estraneo, avulso spettatore rispetto a circostanze e a fatti che ormai occupano sistematicamente le prime pagine dei giornali e i principali spazi televisivi. Il che suscita profonda meraviglia. Il de Magistris pronto ad assumere le posizioni più estreme e conflittuali (spesso ai limiti dell’improbabilità), a fare metaforicamente a pugni con tutti, a minacciare Renzi e il Governo in blocco, a denunciare soprusi e inganni, torti e malversazioni ai danni della città, è come fosse beatamente evaporato di fronte a quanto sta accadendo alla Fondazione. Dissolto, sparito, scomparso, volatilizzato. Il che, per uno che ha fatto della grancassa il suo strumento preferito, rappresenta davvero una misteriosa stranezza. l’operato e la direzione di Marrama, soprattutto in relazione alla gestione delle partecipazioni azionarie detenute dalla Fondazione nella Banca Regionale di Sviluppo e nella Banca del Sud. E non solo. Perché Fimmanò ha sempre imputato a Marrama di non avere tempestivamente e con forza attivato tutte le idonee azioni giudiziarie a favore della Fondazione e della città, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti al tempo della privatizzazione del Banco di Napoli. Un confronto che ha ormai raggiunto vette ineguagliabili, e che sta coinvolgendo il Ministero dell’Economia, che ha disposto ispezioni di cui a breve saranno noti gli esiti, e la magistratura, che ha avviato accertamenti in plurime direzioni. Insomma, quella che sembrava essere una faccenda locale sta evolvendo in un intrigo di situazioni, connessioni, interazioni di evidenza e rilevanza nazionali. Su cui grava come un macigno un’assenza. Quella di Luigi de Magistris e della città di Napoli. Perché è davvero inspiegabile che de Magistris abbia
Il punto centrale della vicenda è perciò questo: se e cosa la Fondazione voglia fare a ristoro parziale del danno che essa e, di conseguenza la città, hanno subito a seguito della cessione del più importante e prestigioso istituto di credito del Mezzogiorno. Questo è il tema. Ed è attorno a questo nucleo centrale che da mesi si va consumando, nel Consiglio Generale di indirizzo della Fondazione, una contrapposizione fatta di battaglie giudiziarie, inchieste, attacchi e scontri che non ha precedenti nella storia economico-finanziaria della città. Da una parte, il presidente Daniele Marrama ed i consiglieri di maggioranza e, dall’altra, il giurista Francesco Fimmanò ed i consiglieri di minoranza. Con i primi a rivendicare la piena legittimità e la totale fruttuosità delll’attività di gestione svolta in nome della Fondazione ed i secondi ad incalzare e a contestare
De Magistris Eppure in questi mesi il sindaco avrebbe avuto molte occasioni per dire la sua, invece è come se fosse evaporato di fronte a ciò che accade