Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL SUD OLTRE LE CLIENTELE DEI NOTABILI
Isondaggi diffusi nei giorni scorsi da giornali e Tv, prima del cosiddetto black-out elettorale, restituiscono un quadro nel quale l’inerzia sembra favorevole al centrodestra, con i grillini più o meno stabili, nonostante i recenti scandali, e il centrosinistra in calo di una frazione di punto. In particolare, la simulazione elaborata da Salvatore Vassallo, pubblicata da La
Repubblica, ipotizza un centrodestra molto vicino alla maggioranza assoluta dei seggi, con il Pd che, pur essendo in calo di solo mezzo punto, sarebbe ulteriormente penalizzato dal fatto che due delle liste coalizzate non raggiungerebbero la soglia dell’1 per cento, andando così dispersi i loro voti nel calcolo dei seggi in quota proporzionale. Si allontanerebbe, di conseguenza, la prospettiva delle larghe intese, essendo la somma di centrosinistra, Forza Italia e quarta gamba del centrodestra di Cesa e Fitto, a quota 296 deputati, ben venti in meno della maggioranza assoluta necessaria a garantire la stabilità del Governo. In questo scenario un ruolo decisivo giocherebbe la debolezza del centrosinistra nel Mezzogiorno, dove, su 64 collegi della Camera dei Deputati in ballo, il Pd sarebbe in partita soltanto in quattro. Insomma, il centrosinistra è sì in difficoltà su scala nazionale, ma le elezioni le perderebbe al Sud. È un dato che non stupisce granché se solo si pensa all’11 per cento del Pd alle ultime elezioni comunali a Napoli, ma che contiene in se un elemento paradossale che investe, probabilmente, il rapporto tra il gruppo dirigente nazionale e le classi dirigenti locali.
I governi a guida Pd della legislatura che si sta chiudendo hanno adottato misure per il Mezzogiorno serie ed efficaci, dall’attivazione delle Zes ai patti per il Sud. Magari non misure risolutive degli atavici problemi del Sud Italia, ma certamente molto meglio dei governi del recente passato che li avevano preceduti. Il Governo Pd, di fatto senza maggioranza parlamentare, ha lavorato meglio dei prece-denti sui problemi del Mezzogiorno, dimostrando di avere una classe dirigente seria, con De Vincenti, incredibilmente catapultato nel collegio elettorale di Sassuolo, in testa.
Nonostante ciò, il Pd e il centrosinistra non raccolgono consensi a Napoli e nel sud. Forse mi sbaglio, ma credo che il problema sia, come sempre, un problema di classe dirigente che, nel Mez- zogiorno, salvo rare eccezioni, continua a non es-sere all’altezza. Una classe dirigente che, nella specie, non è riuscita a trasmettere, e quindi a capitalizzare in termini di consenso, quanto di buono si andava facendo a livello nazionale. Con il risultato, incredibile per certi versi, di rimettere in gioco un centrodestra che nel Mezzogiorno, e in Campania in particolare, esprime un ceto politico che, quando non è del tutto impresentabile come i vari Cesaro, è quantomeno molto modesto.
La spiegazione di questa tendenza mi sembra molto evidente. La politica napoletana e meridionale è ancora in una fase di transizione dalle logiche clientelari, tenute in piedi dall’assistenzialismo e dal denaro pubblico, a logiche, comunque compromissorie com’è nella natura delle cose politiche, ma più sane e più europee, di selezione della classe dirigente.
La tendenza, seppur troppo lenta, è una tendenza positiva. I notabili di oggi sono di meno e molto meno potenti di quelli di ieri, soprattutto a sinistra. A un certo punto la carenza, ormai irreversibile, di risorse pubblipur che da distribuire per garantirsi la fedeltà dei clientes porterà necessariamente la società meridionale a selezionare le proprie classi dirigenti in ragione di programmi e risultati, o magari anche degli umori del momento, ma comunque, come si usa dire, sulla base del voto di opinione com’è, o dovrebbe essere, in ogni paese civile.
Il vero problema è il tempo necessario al compiersi di una trasformazione che, almeno nel centrosinistra è già in atto (il centrodestra sembra ancora tenuto insieme solo da logiche d’interesse se non di cointeressenze).
Dal 5 marzo, se davvero come sembra il centrosinistra perderà le elezioni, si dovrà lavorare per accelerare e rafforzare il processo di mutamento della cultura politica meridionale verso assetti più consoni a una grande democrazia occidentale.
Se il centrosinistra, a Napoli e nel Mezzogiorno, avrà una cultura politica nuova, con lo sguardo rivolto al mondo e ai programmi da mettere in campo per starci dentro, allora avremo anche una classe dirigente migliore e forse, perché no, anche finalmente un sindaco.