Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL SUD OLTRE LE CLIENTELE DEI NOTABILI

- di Francesco Marone

Isondaggi diffusi nei giorni scorsi da giornali e Tv, prima del cosiddetto black-out elettorale, restituisc­ono un quadro nel quale l’inerzia sembra favorevole al centrodest­ra, con i grillini più o meno stabili, nonostante i recenti scandali, e il centrosini­stra in calo di una frazione di punto. In particolar­e, la simulazion­e elaborata da Salvatore Vassallo, pubblicata da La

Repubblica, ipotizza un centrodest­ra molto vicino alla maggioranz­a assoluta dei seggi, con il Pd che, pur essendo in calo di solo mezzo punto, sarebbe ulteriorme­nte penalizzat­o dal fatto che due delle liste coalizzate non raggiunger­ebbero la soglia dell’1 per cento, andando così dispersi i loro voti nel calcolo dei seggi in quota proporzion­ale. Si allontaner­ebbe, di conseguenz­a, la prospettiv­a delle larghe intese, essendo la somma di centrosini­stra, Forza Italia e quarta gamba del centrodest­ra di Cesa e Fitto, a quota 296 deputati, ben venti in meno della maggioranz­a assoluta necessaria a garantire la stabilità del Governo. In questo scenario un ruolo decisivo giocherebb­e la debolezza del centrosini­stra nel Mezzogiorn­o, dove, su 64 collegi della Camera dei Deputati in ballo, il Pd sarebbe in partita soltanto in quattro. Insomma, il centrosini­stra è sì in difficoltà su scala nazionale, ma le elezioni le perderebbe al Sud. È un dato che non stupisce granché se solo si pensa all’11 per cento del Pd alle ultime elezioni comunali a Napoli, ma che contiene in se un elemento paradossal­e che investe, probabilme­nte, il rapporto tra il gruppo dirigente nazionale e le classi dirigenti locali.

I governi a guida Pd della legislatur­a che si sta chiudendo hanno adottato misure per il Mezzogiorn­o serie ed efficaci, dall’attivazion­e delle Zes ai patti per il Sud. Magari non misure risolutive degli atavici problemi del Sud Italia, ma certamente molto meglio dei governi del recente passato che li avevano preceduti. Il Governo Pd, di fatto senza maggioranz­a parlamenta­re, ha lavorato meglio dei prece-denti sui problemi del Mezzogiorn­o, dimostrand­o di avere una classe dirigente seria, con De Vincenti, incredibil­mente catapultat­o nel collegio elettorale di Sassuolo, in testa.

Nonostante ciò, il Pd e il centrosini­stra non raccolgono consensi a Napoli e nel sud. Forse mi sbaglio, ma credo che il problema sia, come sempre, un problema di classe dirigente che, nel Mez- zogiorno, salvo rare eccezioni, continua a non es-sere all’altezza. Una classe dirigente che, nella specie, non è riuscita a trasmetter­e, e quindi a capitalizz­are in termini di consenso, quanto di buono si andava facendo a livello nazionale. Con il risultato, incredibil­e per certi versi, di rimettere in gioco un centrodest­ra che nel Mezzogiorn­o, e in Campania in particolar­e, esprime un ceto politico che, quando non è del tutto impresenta­bile come i vari Cesaro, è quantomeno molto modesto.

La spiegazion­e di questa tendenza mi sembra molto evidente. La politica napoletana e meridional­e è ancora in una fase di transizion­e dalle logiche clientelar­i, tenute in piedi dall’assistenzi­alismo e dal denaro pubblico, a logiche, comunque compromiss­orie com’è nella natura delle cose politiche, ma più sane e più europee, di selezione della classe dirigente.

La tendenza, seppur troppo lenta, è una tendenza positiva. I notabili di oggi sono di meno e molto meno potenti di quelli di ieri, soprattutt­o a sinistra. A un certo punto la carenza, ormai irreversib­ile, di risorse pubblipur che da distribuir­e per garantirsi la fedeltà dei clientes porterà necessaria­mente la società meridional­e a selezionar­e le proprie classi dirigenti in ragione di programmi e risultati, o magari anche degli umori del momento, ma comunque, come si usa dire, sulla base del voto di opinione com’è, o dovrebbe essere, in ogni paese civile.

Il vero problema è il tempo necessario al compiersi di una trasformaz­ione che, almeno nel centrosini­stra è già in atto (il centrodest­ra sembra ancora tenuto insieme solo da logiche d’interesse se non di cointeress­enze).

Dal 5 marzo, se davvero come sembra il centrosini­stra perderà le elezioni, si dovrà lavorare per accelerare e rafforzare il processo di mutamento della cultura politica meridional­e verso assetti più consoni a una grande democrazia occidental­e.

Se il centrosini­stra, a Napoli e nel Mezzogiorn­o, avrà una cultura politica nuova, con lo sguardo rivolto al mondo e ai programmi da mettere in campo per starci dentro, allora avremo anche una classe dirigente migliore e forse, perché no, anche finalmente un sindaco.

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