Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Munazei», il Lacryma da caprettone in purezza
Massimo Setaro, patron ed enologo dell’omonima azienda vesuviana, preferisce tenere distinti Caprettone e Falanghina e non incrociarli nel classico uvaggio (rispettivamente 80 e 20 per cento) che dà vita al Lacryma Christi bianco. Per la versione più chiara del vino antico dal nome conosciutissimo nel mondo, ma dall’immagine parecchio offuscata da bottiglie di non assoluta eccellenza, ha preferito utilizzare solo il coda di volpe che alle pendici del vulcano in sonno assume caratteristiche molto diverse dalle varietà irpina o sannita tanto da indurre gli scienziati a affermarne la diversità. Di Casa Setaro apprezzo soprattutto la versione spumante (metodo classico) del Caprettone. Certamente di buon livello anche il vino fermo chiamato Munazei, dal nome degli antichi magazzini realizzati in pietra lavica e parzialmente interrati, utilizzati per conservare ortaggi e frutta. Il colore è paglierino carico con qualche leggero riflesso verdolino piuttosto che dorato. Limpido e di apprezzabile consistenza, questo bianco di territorio offre al naso un profilo olfattivo prevalentemente vegetale. Nettamente percepibili i profumi floreali, di fieno appena falciato, di macchia mediterranea, appena rinfrescati da oli essenziali di agrumi. Bianco strutturato, caldo, secco, certamente morbido, ma anche sorretto da sufficiente acidità. Lo caratterizza una spiccata vena sapida non eccessivamente invasiva. Persistenza nella media. Si produce in un finale netto e pulito. Mantiene una sua rigorosa coerenza dall’inizio alla fine. Non lo vedo in abbinamento al pesce. Semmai a verdure, ortaggi, e legumi. Qualche esempio: la zuppa primaverile di piselli, carciofi, fave e patate, oppure la frittata con gli spinaci, la parmigiana di zucchine rigorosamente in bianco, la crostata alla genovese conosciuta anche cone torta pasqualina con bietole e/o carciofi.