Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Chiamato Campania
Qui, invece, le già scarse risorse vengono sottratte, sperperate, distrutte. La distruzione — quella delle condizioni materiali di riproduzione della vita, invece — è inquantificabile. Il traffico di rifiuti illegali persiste. Lo smaltimento degli scarti di depurazione o di lavorazione industriale è paralizzato.
Il ciclo integrato dei rifiuti resta in bilico tra la gestione emergenziale e lo stoccaggio quotidiano di tonnellate di materiali prodotti a valle di processi di separazione sui quali la soglia di attenzione non sembra affatto maniacale come dovrebbe essere. Lo smaltimento va incontro a delle criticità sui territori, che spaziano dal completamento della rete delle discariche distribuite tra i comuni della regione fino all’emergere di conflittualità localizzate, come nel caso del futuro sito di compostaggio a Ponticelli. La riqualificazione di Bagnoli evidenzia delle opacità rilevanti. L’inquinamento dell’aria nell’area metropolitana di Napoli, complice la pressoché totale incapacità di gestire il trasporto pubblico, è paragonabile ai livelli di Milano e Torino, pur in assenza di un tessuto industriale minimamente paragonabile ai due capoluoghi del Nord. La scorsa estate, come se non bastasse, il patrimonio boschivo è stato fortemente danneggiato e il Parco Nazionale del Vesuvio distrutto da incendi dolosi. Le modalità di questo scempio sembrano così scientifiche da destare sospetti tremendi sulle responsabilità latenti: alle istituzioni bisogna affidarsi, o dalle istituzioni bisogna difendersi?
Lo smarrimento, dunque, è inevitabile. Balbettano, infatti, le due grammatiche politiche sulle quali l’ordinamento repubblicano è stato costruito per poi essere tradito, abbandonato a se stesso e lasciato senza anticorpi: l’ideologia liberale e quella socialdemocratica. Il liberalismo, che predica la separazione tra il potere giudiziario, quello politico, quello economico, e quello mediatico, suona come un richiamo a una bella époque (forse mai esistita), in cui tutto andava come doveva andare. Oggi, al contrario, appare più che mai evidente che quelle linee di demarcazione scritte e non scritte, laddove non nutrite dalla dialettica democratica e dalla giustizia sociale, non sono altro che confini labili, tracciati sulla sabbia: a furia di travalicarli e calpestarli, ciascuno di volta in volta per il proprio tornaconto, sono scomparsi. La socialdemocrazia, a sua volta, che affida la regolazione del patto sociale alla capacità del capitale di creare lavoro e ricchezza, non solo ha svenduto man mano la dignità della vita accettando che il mercato facesse di ciascuno il caporale di se stesso, ma non tiene in nessun conto l’irreversibilità dei processi di devastazione bio-ambientale che lo sviluppo capitalistico non è mai stato in grado di evitare. Né mai lo sarà. E il bello – recita l’antifrasi – deve ancora venire.