Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Scomparsi in Messico, polizia sotto inchiesta Si teme coinvolgimento
Il procuratore Sanchez trasferisce gli agenti del posto
Sono due le piste investigative
NAPOLI seguite per la scomparsa dei tre napoletani in Messico. Una porta direttamente alla criminalità locale e in particolare al potente cartello di narcos che controlla la zona; un’altra, molto più inquietante, a poliziotti corrotti che avrebbe arrestato e fatto sparire, almeno per il momento, i nostri connazionali.
È dal 31 gennaio che non si hanno più notizie di Raffaele Russo, di suo figlio Antonio e di suo nipote Vincenzo Cimmino. I tre sono scomparsi nella località di Tacalitlan, nello stato di Jalisco in Messico, dove erano per lavorare. Ed è proprio sulla natura della loro attività che il pm locale e il responsabile italiano dell’Interpol nel paese del Centro America che stanno concentrando le ultime indagini dopo le denunce dei familiari che hanno fatto il giro del mondo.
Innanzitutto, trentatré agenti della polizia della cittadina che affaccia sul Pacifico, una località di 16.500 abitanti dove per l’ultima volta sono stati visti i tre, in via precauzionale sono stati trasferiti. Tutti, in massa, nella capitale Guadalajara e sostituiti da altri trentatré agenti. Questo perché la Procura locale, retta da Raul Sanchez, vuole cercare di indagare senza alcuna interferenza o depistaggio. C’è un audio che conferma che almeno due di loro, Antonio e Vincenzo, il giorno della loro scomparsa erano stati fermati dalla polizia. Sono stati loro stessi ad inviare un sms audio ad un altro parente, Daniele, che era in Messico come loro ma in un’altra località. Lo stesso che ha detto di aver chiesto informazioni alla polizia che in un primo momento aveva confermato e poi ritrattato di averli arrestati.
Ma c’è una indagine parallela e punta all’attività che i tre facevano in quella cittadina ad ovest di Città del Messico. Da quanto è stato accertato dalle autorità investigative, i tre avevano messo su un piccolo commercio di generatori elettrici che importavano da Napoli e rivendevano in Messico. «Erano di fattura cinese ma li rivendevano per originali», ha detto nel corso di una conferenza stampa il procuratore di Guadalajara. Gli inquirenti messicani, in questa fase, puntano la loro attenzione su appartenenti al cartello criminale «Jalisco new generation» che controlla alcune aree della zona e con cui i tre italiani potrebbero essere entrati in contatto. Sulla vicenda la Procura di Roma ha avviato una indagine coordinata dal pm Sergio Colaiocco. «I magistrati indugiano su dicerie legate agli interessi dei nostri cari in Messico per coprire il loro insuccesso e la situazione di stallo nelle operazioni di ricerca», hanno denunciato i familiari dei tre napoletani. «Il procuratore è a conoscenza di questo caso fin dal primo giorno e, anziché attivarsi nelle ricerche facendo tesoro delle nostre indicazioni riguardanti il coinvolgimento della polizia locale, continua a concentrarsi sui precedenti di Raffaele Russo, di suo figlio Antonio e di suo nipote Vincenzo Cimmino. Raffaele è solo un ambulante, un magliaro, non un camorrista e meno che mai un narcotrafficante», concludono i parenti delle persone scomparse.