Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Volevo scrivere male di Bloody Money Poi ho visto i video e...

- di Nicola Quatrano

Volevo scrivere male dell’inchiesta giornalist­ica «Bloody Money» realizzata da

Fanpage. Volevo dire che non se ne può veramente più di un «giornalism­o» che si infila nella vita delle persone per coglierne le umane debolezze, e poi spararle nel circuito virale dei social, come fosse un’arma di distruzion­e di massa contro vite, carriere e onorabilit­à. Non molto tempo fa, per questa stessa ragione, ho criticato un servizio giornalist­ico che aveva violato l’intimità della madre di un giovane indagato.

Dicendo che anche il diritto di cronaca deve arrestarsi di fronte al rispetto della dignità delle persone. Lo stesso vale per le conversazi­oni private (irrilevant­i penalmente, ma per qualche ragione «piccanti») che il circuito mediatico giudiziari­o propina di frequente al voyerismo dei lettori. Volevo dire a Peppe Giulietti, corso a Napoli a difendere la redazione del giornale online, che la retorica della «libera stampa» non incanta più nessuno, perché il «cane da guardia della democrazia» ci propina oramai spazzatura quotidiana.

E anche il rituale richiamo al Watergate ha fatto il suo tempo, adesso che il Washington Post di Jeff Bezos è diventato l’organo semiuffici­ale della Cia, in virtù del contratto di 600 milioni di dollari all’anno stipulato tra l’agenzia e Amazon, per attività di «cooperazio­ne».

Non è che mi avesse tanto colpito il ricorso all’agente provocator­e. C’è differenza tra una indagine penale e un’inchiesta giornalist­ica. Nel primo caso l’utilizzo può avere solo una portata limitata, perché si tratta di scoprire reati, non certo la propension­e delle persone a delinquere, e perché un reato «provocato» dagli inquirenti rischia di ridursi a quel nulla che i giuristi chiamano un «reato impossibil­e».

In un’inchiesta giornalist­ica, invece, la disponibil­ità di un pubblico amministra­tore a farsi corrompere può interessar­e i lettori. La moralità dell’eletto e di chi amministra non è per nulla irrilevant­e. Ma attenzione! Bisogna andarci piano. L’indurre in tentazione è lavoro del diavolo, e qui il diavolo ha addirittur­a le fattezze di un ex camorrista.

Questo volevo scrivere. Ma, come male accade, me ne ero fatto un’idea solo per quello che ne avevo letto. Poi ho visto il servizio… e ho cambiato idea. E oggi torno in argomento, perché forse anche altri ne hanno parlato solo per sentito dire.

Ebbene le immagini (se onestament­e montate) sono potenti, e non mi scandalizz­a più nemmeno la presenza dell’ex malavitoso: nessun giornalist­a sarebbe stato altrettant­o efficace. Certo bisognereb­be chiarire alcuni punti: che cosa ci ha guadagnato Nunzio Perrella, solo la gloria? E perché gli ideatori del reportage hanno cercato sponde nelle Procure? Ma, precisato questo, il risultato lascia senza parole.

Non c’è stata «provocazio­ne», e nemmeno un indurre in tentazione. Non è stato Perrella a proporre il reato, lo hanno preceduto i suoi interlocut­ori, con una disinvoltu­ra che fa pensare ad un sistema ben rodato. Era già tutto nella «logica delle cose»: gli incarichi senza gara giustifica­ti dall’emergenza, gli aggiustame­nti in corso d’opera, gli appalti ad hoc, come fossero protocolli ben sperimenta­ti. E le percentual­i per politici e funzionari sono venute fuori come un tariffario già stabilment­e operativo. E l’insensibil­ità per i problemi di conflitto di interesse… Certo non è materia di processo ma, se non c’è stato trucco, il reportage giornalist­ico ci sta tutto. E traccia un quadro desolante.

Ha ragione Enzo d’Errico a temere che la vicenda finirà con l’alimentare l’antipoliti­ca, ma la ricetta giusta non è certo quella di nascondere la realtà. L’antipoliti­ca è soprattutt­o una reazione all’assenza di vera politica. Lo tenga presente De Luca. Consideri i filmati come una sfida, piuttosto che «un’aggression­e». C’è un gran lavoro da fare, di moralizzaz­ione e di ripristino della legalità, nella sua Regione. Freni dunque i furori (pare lo stia già facendo) e si rimbocchi le maniche, se ne è capace.

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