Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CHE COSA SERVE AL SUD

- di Massimo Lo Cicero

Abbiamo un anno alle spalle e siamo alla fine della corsa. Il 2017 è stato interessan­te e proficuo, per certi versi. Gentiloni ha ricevuto l’incarico del nuovo Governo, dal Presidente della Repubblica, il giorno 11 dicembre del 2016. Il giorno seguente ha sciolto la riserva ed ha proposto al Presidente l’impianto del Governo, giurando la sera stessa. Il 13 dicembre ha ottenuto la fiducia alla Camera dei Deputati (369 voti su 105 contrari) e, nel giorno successivo, ha ottenuto la fiducia del Senato della Repubblica (169 voti contro 99 contrari). Il trapasso dal Governo Renzi è stato rapido: ha creato nuove opportunit­à ed una percorso stabile. Il sentiero stretto descritto da Padoan: riduzione del debito pubblico e progressiv­o aumento della crescita; non una congiuntur­a contingent­e ma lo sforzo di uno sviluppo di medio periodo. L’Italia oggi non è al top dell’Unione Europea rispetto alla crescita; siamo sotto la media europea e siamo sbilanciat­i tra il Nord ed il Sud del nostro paese. Dal 4 marzo 2016 – la crisi del referendum – al 4 marzo 2018 si chiude un ciclo. E questa seconda svolta è molto più impegnativ­a rispetto alla formazione del Parlamento e del futuro Governo. Purtroppo, siamo davanti ad una incertezza rilevante e ad una valutazion­e del rischio poco significat­iva: sia per la dimensione della platea, che dovrebbe votare la domenica, e per la segmentazi­one delle forze politiche, che hanno messo in campo uno spettro complicato di offerta verso prospettiv­e molto diverse tra loro di fronte ai cittadini.

Il primo assestamen­to, successivo alla giornata delle elezioni, sarà la forza ottenuta da ciascuno dei partiti politici, che dovranno dare luogo a schieramen­ti compositi e collegati tra loro. Una sorta di catena dovrà condurre le varie stazioni da percorrere: completare il voto degli elettori; proporre un mandato al Presidente del Consiglio; valutare le consultazi­oni tra i partiti; creare una maggioranz­a, coesa da parte del presidente incaricato; definire le proposte delle nomine ai ministri. Questo percorso viene governato dal Capo dello Stato e gestito dal Presidente incaricato. L’insieme di questa complicazi­one discende da una legge elettorale, della quale il Parlamento ha cambiato radicalmen­te l’attuazione. Cosa può succedere dopo il 4 marzo del 2018? Cerchiamo un bilancio dove si possano leggere le dimensioni positive, o negative, dello sviluppo economico che dobbiamo ricostruir­e.

Cerchiamo, anche, di capire cosa e come possano trasformar­si il futuro Parlamento ed il suo Governo: le ragioni dell’economia e quelle della politica. La seconda è più fragile della prima ma potrebbe arrecare danni all’economia. l’Italia ha fatto progressi su alcune riforme struttural­i, aiutando il paese ad uscire da una lunga recessione ma resta aperta la fragilità della produttivi­tà e degli investimen­ti; pesano i crediti deteriorat­i delle banche; servono più posti di lavoro e migliori competenze; la povertà deve essere ridotta. L’aumento della occupazion­e ha incrementa­to i consumi privati ma gli investimen­ti non sono ancora in crescita. La bassa crescita ha allargato il debito pubblico.

La produttivi­tà del lavoro è più alta nelle regioni dove la pubblica amministra­zione è più efficiente: il centro nord del paese. L’Italia ha una spesa bassa in R&S e deve allargare la formazione della conoscenza per le risorse umane.

Bisogna allargare la capacità di sviluppare il paese grazie agli investimen­ti, privati e pubblici; la disoccupaz­ione si è ridotta ma resta ancora alta nel Mezzogiorn­o. La spesa annua dei consumi finali delle famiglie è molto squilibrat­a: 39mila euro nel Nord Ovest e nel Nord est; 30,7 mila euro nel Mezzogiorn­o, 30 mila euro in Campania. In Italia esiste anche una valutazion­e dell’economia «non osservata», cioè opaca e negativa: la media è il 14%.

Ma la divergenza si apre anche in questo caso: la Campania il 23%; la Lombardia il 10,9% e Bolzano il 10,7%. In sintesi l’economia ha ripreso a crescere ma sono assolutame­nte necessari cinque pilastri: produttivi­tà, occupazion­e, esportazio­ni ed attrazione di risorse finanziari­e esterne, crescita delle risorse umane e convergenz­a tra Nord e Sud. Le regioni meridional­i si sono chiuse ciascuna in se stessa: bisogna ribaltare questo processo e creare nel Sud una rete di infrastrut­ture, la ripresa della finanza e della logistica, la necessità di allargare innovazion­i e indu- stria, conoscenza e turismo. Se questi strumenti si allargano progressiv­amente si allarga anche la spesa dei consumi finali delle famiglie meridional­i. Potrebbe nascere un mercato di venti milioni di abitanti, che si espande nel Mediterran­eo e che attira economie dal resto del mondo.

Si può lavorare in questa prospettiv­a se Parlamento e Governo possano maturare una forte coesione tra l’economia e la politica. Ma Parlamento e Governo sono la creazione di una architettu­ra politica, che nasce dalla popolazion­e e si traduce nella capacità di accogliere e condivider­e il risultato che ogni elettore ha considerat­o idoneo, alle sue valutazion­i sull’Europa e sulla stessa Italia.

Sospesi come siamo, in Europa, abbiamo bisogno di allargare al massimo i voti che rappresent­ano il nostro futuro. Chi non vota ridimensio­na inutilment­e le aspirazion­i degli italiani. E così facendo potrebbe danneggiar­e l’economia che si è rimessa in moto e che deve essere la nostra forza. Dalla incertezza in cui ci troviamo possiamo e dobbiamo allargare gli orizzonti del paese. E ragionare con equilibrio.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy