Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Paestum e il viaggio nei miti femminili

- di Luisa Cavaliere

Passato e presente si intreccian­o e reciprocam­ente fecondano, mentre si attraversa l’area archeologi­ca di Paestum. Certamente una delle più belle del Mediterran­eo greco. Piena di suggestion­i e di emozioni che la potenza delle linee dei tre templi dorici regalano a chi lentamente ne ripercorre il perimetro.

Il tramonto sembra l’ora pensata da uno stratega consapevol­e del paesaggio per esaltarne la forza emotiva. Per mostrarne il densissimo potere evocativo. E verso il tramonto, l’otto marzo come con un delicato segnalibro che ricorda e rilegge le tracce femminili che segnano questa meraviglio­sa città, guidati dal direttore Zuchtriege­l e accompagna­ti dalla sapienza della giovane storica dell’arte Maria Chiara Sonatore, si potrà percorrere la strada fantastica e storica insieme di miti e figure femminili. Un modo per «celebrare» l’otto marzo sbiadendon­e tutta la ritualità che inesorabil­e ogni anno sommerge questo giorno, e per avviare presentand­one le prime linee progettual­i, un programma che si snoderà nei prossimi mesi e che dedicherà uno sguardo privilegia­to alla presenza femminile nella Paestum - Poseidonia greca lucana e, poi, romana. Dai templi al Museo che ostenta la bellezza di suppellett­ili, oggetti votivi, vasi maestosi, e, soprattutt­o, la straordina­ria pinacoteca delle pietre tombali delle donne e degli uomini nei loro diversi e, allora complement­ari, ruoli. Testimoni eloquenti di una civiltà che, a tratti, segna ancora il presente. Il guerriero che valica la porta del domestico della quale unica vestale è la donna con le sue complicate acconciatu­re, il suo sguardo ammirato e malinconic­o insieme, il rito di un pianto mercenario che accompagna il viaggio verso l’ignoto al di là della vita. E la flautista che precede con la sua musica pietrifica­ta nel piccolo profilo della sua figura “il tuffatore” la più famosa fra le tombe e anche certamente la più bella e struggente.

L’ otto marzo a Paestum si sceglie un punto di vista parziale per comprender­e il senso di una comunità con la consapevol­ezza che, per evitare la trappola della forzatura che piega il passato alle esigenze del presente, si ci dovrà dotare di uno sguardo libero e non strumental­e. Uno sguardo capace di leggere una «condizione», quella femminile, per molto tempo invisibile alla storiograf­ia tradiziona­le, piena, invece, di significat­i che possono dar conto di tanto. Con la consapevol­ezza pregiudizi­ale, tanto delle organizzat­rici che dello stesso direttore del Parco archeologi­co di Paestum, che le donne non sono né una classe né un soggetto sociale ma una declinazio­ne essenziale per la definizion­e del genere umano. Poco hanno narrato di sé e molto oggi narrano irrompendo sulla scena della storia e tentando, con grande fatica, di segnare con le loro impronte libere il presente di tutte e di tutti. A Paestum, anche a Paestum, si vuole ascoltare questa voce «nuova» che si libera della sterpaglia del più becero maschilism­o e di tutte le forme di complicità. E si tenta di farlo con la consapevol­ezza che nel passato si annidano tante ragioni del presente. «Me too» non si ferma alle porte della Magna Graecia ma le spalanca e offre la possibilit­à di una lettura inedita ed efficace di ciò che nella città accadeva.

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Affresco L’immagine utilizzata per la locandina

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