Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Falò, balli e musica per salutare l’arrivo della primavera
È una tradizione presente quasi in tutto il Paese, da Nord a Sud. Ma in nessuna regione è diffusa in maniera tanto capillare come in Campania. La notte tra il 18 e il 19 marzo in numerosi piccoli centri si perpetua il rito del falò di San Giuseppe, che di fatto simboleggia la transizione tra la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera. È ’ un rituale di purificazione e di consacrazione. Non a caso in alcuni paesini, viene bruciato un fantoccio che assume le sembianze di un vecchio o una vecchia: metafora, appunto, della stagione fredda appena trascorsa. Con le fiamme, si saluta l’inizio della primavera e si formulano auspici per il raccolto. La festività cristiana si è semplicemente sovrapposta a una importante festa pastorale dell’antica Roma, i Palilia, celebrati il 21 aprile in onore del numen Pale, per purificare le greggi e i pastori. E insieme ai Fordicidia, la festa della fertilità che cadeva il 15 aprile, e ai Robigalia, in onore del
dio Robigus, che proteggeva dalla ruggine del grano, era il trittico delle cerimonie religiose agropastorali nate ancor prima della fondazione della città. Ad Ariano Irpino, “lu Faone” si festeggia con balli, musica fino a notte fonda, stand gastronomici. E dopo i falò, le patate sotto la cenere. A Cascano di Sessa Aurunca, per i vicoli del paese vengono distribuite le “cuccetelle” (pagnotte di pane) e la minestra di ceci cotta sul focolare. A Vallesaccarda (Avellino), si organizza una grande grigliata collettiva, con canti e balli.