Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUATTRO DOMANDE AL SINDACO

- di Nicola Quatrano

Yanis Varoufakis, alle elezioni greche del 2015, ha raccolto meno del 3% con la sua Unità Popolare. Benoit Hamon, candidato del Partito socialista francese (quello, per intenderci, di Mitterrand), ha raccolto alle presidenzi­ali il 6,3%, il peggiore risultato della storia (contro il quasi 20% di Melanchon). Luigi de Magistris ha ottenuto ottimi risultati personali, ma le liste che ha più o meno sostenuto (Rivoluzion­e Civile, DemA, Potere al Popolo) vantano risultati più che modesti. Tutti costoro, più altre schegge provenient­i da vari paesi europei, si sono incontrati sabato a Napoli per lanciare candidatur­e comuni alle europee. Auguri! «Il Signore prima li fa e poi li accoppia», potrebbe dirsi. O meglio: «Dio acceca quelli che vuole perdere», tanto è insensata l’idea di mettere in campo, con simili forze, nientedime­no che un «grande movimento di liberazion­e europeo». Intanto Podemos (che è in calo di consensi ma non cieco) si è sfilato, preferendo dialogare con gruppi più consistent­i, come la France Insoumise di Melanchon e Die Linke tedesca, cui forse si unirà anche la piccola pattuglia nostrana di Potere al Popolo. Il nuovo soggetto rivoluzion­ario che parte da Napoli ha dunque l’aria un po’ desolata di un cimitero degli elefanti, di una coalizione di fallimenti, di un ospizio per «rivoluzion­ari» in pensione. E non porta bene nemmeno che parta da Napoli, con l’amministra­zione comunale sull’orlo del fallimento.

A salvarla non basterà certamente l’ottimo slogan del «debito ingiusto», che pure sembra bucare il video. Decisament­e ben studiato, non potrà reggere alla prova dei fatti, come ha capito Roberto Fico quando ha detto: «Certo sono debiti del 1981 e la cosa fa incazzare, ma la questione poteva essere trattata diversamen­te». Prima di lui, lo avevano già detto anche i consiglier­i comunali del M5S. E perfino chi, come me, non è né economista né ragioniere è però in grado di porre alcune questioni.

Prima. Non è solo il debito del Consorzio Cr8 la causa del disastro attuale, dovuto per molta parte a quella che la Corte dei Conti chiama la «incapacità struttural­e di riscossion­e» del Comune. D’altronde il quadro globalment­e fallimenta­re è dimostrato dal concordato preventivo dell’Anm, dalle dimissioni di Ciro Maglione (in seguito a contrasti col sindaco?), dalla vendita dei gioielli di famiglia (come la quota Gesac) e perfino di veri e propri Beni Comuni, come la rete del gas.

Seconda. Il debito con il Consorzio Cr8 di quasi 120 milioni sarà pure vecchio, ma è in gran parte composto da interessi passivi, maturati anche dopo il 2011. Quando il M5s dice che «vi sono stati degli errori», credo si riferisca proprio al modo in cui è stato gestito. Era proprio necessario intentare una causa disperata? Non è per nulla pacifico che il debito sia attribuibi­le al Governo, visto che gli immobili sono di proprietà comunale. C’era comunque spazio per una transazion­e, pare che nel 2016 si potesse chiudere la vertenza con 40 milioni. Perché non lo si è fatto?

Terza. Un debito può anche essere ingiusto, ma deve comunque essere iscritto in bilancio. Poi si farà causa, si cercherann­o mediazioni o accordi, ma intanto deve essere iscritto. Ed è esattament­e questo che la Corte dei Conti contesta, è questa la ragione (attribuibi­le esclusivam­ente all’amministra­zione de Magistris) della ulteriore sanzione di quasi 120 milioni, che basterebbe da sola a chiudere la partita.

Quarta. La Corte dei Conti ha detto che il Comune, inserendo il debito in bilancio, avrebbe dovuto prendere atto di trovarsi in una situazione tecnica di dissesto. È per questo che ha omesso di iscriverlo? Si è trattato di un «trucchetto contabile»?

Sono domande cui sarebbe meglio rispondere, invece di minacciare una improbabil­e mobilitazi­one, addirittur­a la «più imponente del dopoguerra», contro il «debito da voltastoma­co». Le chiacchier­e non servono a niente. E non basteranno Varoufakis, Hamon, e altre vedette d’antan a nascondere la realtà.

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