Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I POLITICI NON «RUBINO» QUESTI PREMI
Avolte, occorrerebbero solo un po’ di senso della misura e di serietà. Ma, queste, sono virtù poco diffuse nella classe politica del nostro Paese. E, soprattutto, della nostra regione. E della nostra città. Siamo dinanzi a un fenomeno che, periodicamente, si ripete. Ogni tanto c’è qualche amministratore locale che, in maniera inopportuna, parla di improbabili «rinascimenti». Questa volta l’occasione per l’ennesimo remake è offerta dall’ultima edizione dei David di Donatello, nella quale sono stati premiati sia film ambientati a Napoli che personalità del cinema partenopeo. Ammore e malavita dei Manetti Bros, miglior film; Napoli velata di Ferzan Ozpetek, migliore fotografia e migliore scenografia. Senza dimenticare il successo, per la migliore produzione, della Gatta cenerentola, film d’animazione che rilegge un classico di Roberto De Simone; e la statuetta ottenuta da Renato Carprentieri come miglior attore per La tenerezza di Gianni Amelio. Su un dato bisogna subito riflettere. Gli Oscar del cinema italiano hanno premiato innanzitutto l’immagine di Napoli. Set unico, meraviglioso, sorprendente. Città in sé già «fotogenica», straordinaria e indecifrabile. Location che, negli ultimi anni, è stata molto usata nei film e nelle fiction televisive (anche grazie all’attività portata avanti dalla Film Commission regionale).
Pur lontane, «le Napoli» che ci consegnano i Manetti Bros e Ozpetek hanno molti punti di contatto. Provenienti da culture, da esperienze e con visioni molto diverse, accomunati dal non essere napoletani, questi registi sono attratti soprattutto dalla volontà di attingere a un patrimonio iconografico piuttosto abusato. La loro sfida consiste nel provare a riscrivere, con originalità (i Manetti Bros) e con eleganza (Ozpetek) alcuni luoghi comuni. Da un lato, la Napoli dei clan camorristici che, in Ammore e malavita, dà lo spunto a un musical fumettistico e a una sceneggiata assurda e brillante. Dall’altro lato, la città misteriosa ma anche patinata del centro storico messa in scena in Napoli velata. Dunque, due intelligenti e sofisticati tentativi per rimodulare e ripensare alcuni clichés. Che, pur seguendo sentieri non contigui, condividono la fascinazione per un mondo quasi esotico, su cui posano lo sguardo dei turisti sedotti. Ma – ci chiediamo – è possibile strumentalizzare questi trionfi come hanno fatto nelle scorse ore i vertici della Regione e del Comune? Perché i nostri politici e i loro aedi hanno la sfrontatezza di «intestarsi» meriti che non spettano loro? E, infine: che relazioni avrebbero Ammore e malavita e Napoli velata con il (presunto) «new deal» della nostra città? Poco. O niente. Certo, in questi ultimi anni, Napoli sta vivendo una fase di inattesa vivacità culturale. Che parte dal basso. Sta accadendo ora quel che già avvenne negli anni del post-terremoto. Strane coincidenze. Nel momento in cui la politica cittadina appare meno forte e meno sensibile alle questioni dell’arte, del teatro, del cinema e della musica, artisti, registi e musicisti avvertono il dovere e la necessità di «resistere»; lavorano in silenzio e fanno rete, dando vita a esperienze corsare. È questo che rende Napoli oggi uno tra i più interessanti laboratori della creatività (soprattutto underground) in Italia. Ma questa ebbrezza non è in alcun modo supportata dalle istituzioni, che spesso appaiono incapaci di dare una cornice a questo slancio e di elaborare con rigore, intelligenza e lungimiranza un credibile progetto della cultura, esito di una precisa strategia e di una lucida volontà, destinato a superare la logica dell’ «evento». Regione e Comune preferiscono sfruttare episodi fortuiti o circostanze favorevoli (come ora i David di Donatello), senza dedicare adeguate energie a iniziative di lunga durata. Non è una novità. Solo in rari momenti è accaduto il contrario: ci riferiamo alla vivace e movimentistica stagione della giunta-Valenzi e all’amministrazioneBassolino, che ha lasciato un’importante eredità di risultati (dal Madre alle metropolitane dell’arte). E ora? Abbiamo la sensazione che De Luca e de Magistris si stiano comportando come surfisti intenti a cavalcare le onde di successi cui non hanno contribuito. O come i comici protagonisti di Ammore e malavita.
A volte, occorrerebbero solo un po’ di senso della misura e di serietà. Ma sono virtù poco diffuse nel nostro Paese. E, soprattutto, della nostra Regione
Gli Oscar del cinema italiano hanno premiato innanzitutto l’immagine di Napoli, set unico Città in sé già fotogenica, straordinaria e indecifrabile