Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Iavarone: pronti a uccidere e sicuri di non essere puniti
Maria Luisa Iavarone: «Non si vogliono trovare le soluzioni»
La mamma di Arturo, Maria Luisa Iavarone, è allibita: «Ormai cercano la morte. E si sentono impuniti. C’è un decreto che concede pene alternative ai minori condannati fino a quattro anni. Sa cosa significa? Che i potenziali assassini di Arturo, tra un po’ saranno liberi».
«Mio Dio». Maria Luisa Iavarone guarda le foto dei coltelli, delle mazze, delle maschere, dei tirapugni fabbricati con le fiocine. Passa in rassegna un armamentario di morte. «Perché quelle sono armi di morte». Da quel maledetto giorno di dicembre, da quando Arturo è stato accoltellato da ragazzini come lui, non si è fermata un attimo. «È un allarme che sto lanciando da tempo, perché viene sottaciuto o viene ridimensionato: è colpa di Gomorra oppure accade in tutte le grandi città, dicono, a cominciare dal sindaco».
Se anche fosse?
«Appunto. Sa cosa ho scoperto ultimamente? Che dieci giorni prima delle elezioni il ministro della Giustizia Orlando con un decreto ha allargato la possibilità di fruizione di pene alternative ai minorenni condannati fino a quattro anni. Sa cosa significa? Che i potenziali assassini di Arturo, tra un po’, ce li ritroveremo per strada, a cento metri da casa. Il secondo minorenne arrestato aveva già una condanna di 2 anni e sei mesi per rapina a mano armata. Non ha scontato un giorno di carcere. Per questo dico che c’è una sottovalutazione generale. Quella delle bande è una vicenda scomoda e non si vogliono trovare soluzioni di sistema. Le forze dell’ordine fanno una fatica da pazzi, li beccano, come è successo a questi 19, poi una volta condannati, li liberano. Un modo per farli sentire onnipotenti. Così dalla tentata rapina passano direttamente all’omicidio». Lei non parla mai in termini buonisti, rassicuranti. Non si sente Cassandra?
«Effettivamente. È una guerra urbana i cui soldati sono minori con capacità fisiche da adulti e una mente immatura, incapace di controllare gli impulsi. Dal punto di vista della neurobiologia c’è un rallentamento perché invecchiamo più tardi, così l’adolescenza s’è allungata. Questi sedicenni hanno il cervello di bambini di dodici anni. Questo li rende pericolosi. Uno che utilizza una fiocina come tirapugni non è consapevole che se lo userà ucciderà la sua vittima. Arturo è stato ferito con una lama di 6 centimetri che è arrivata quasi all’arteria polmonare. È una guerra urbana e, sì, era prevedibile che ci sarebbe scappato il morto».
Il povero vigilante Franco Della Corte.
«Quando hanno arrestato Luigi, il suo assassino, ha detto che pensava dormisse, perché rantolava. E quando lo stavano portando nella struttura dei Colli Aminei, mentre il poliziotto che era con lui gli diceva: guarda che hai ucciso un uomo, Luigi ha risposto: ma mi posso fare una doccia? Sono iperconnessi tecnologicamente, ma sconnessi emotivamente».
Lei testardamente va avanti, ha creato anche una fondazione Artur.
«Ora serve un comitato scientifico all’altezza. Servono le istituzioni ma anche la scienza. Perché nei cervelli di questi ragazzi sta accadendo qualcosa che ci sfugge e va studiato. È come se non ci fosse una correlazione tra parte razionale ed emotiva. Va capito, per agire. E poi dobbiamo stimolare scelte coraggiose e risolute. Non ne usciamo negando o costruendoci degli alibi». Come sta Arturo?
«Sta che per sostenere una semplice interrogazione di filosofia ha dovuto fare un pomeriggio di logopedia, di prove di respirazione. Sta che la cosa più normale per un ragazzino al quarto anno di liceo come un’interrogazione diventa una montagna da scalare».
Le pene alternative per i minori condannati a 4 anni riporterà in strada gli aggressori di mio figlio
Le forze dell’ordine fanno fatica, li beccano, ma poi una volta condannati vengono liberati