Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pompei, riaffiorano gli antichi colori
Dal nuovo scavo nella Regio V emergono pareti affrescate con il cromatismo originario
Dal nuovo scavo del cosiddetto «cuneo» di circa 1.400 metri quadrati, compreso tra la casa delle Nozze d’Argento e quella di Marco Lucrezio Frontone, ritornano alla luce i colori originari della Pompei di duemila anni fa.
Già alcune pareti affrescate con riquadri su fondo rosso, con al centro l’immagine di una coppia di delfini, sono un primo preziosissimo archetipo che consentirà di ricostruire l’esatto cromatismo di pitture mai sottoposte a ritocchi e restauri. Non nasconde l’entusiasmo il direttore generale della Soprintendenza archeologica Massimo Osanna. «Qui sotto ci sono affreschi, intonaci e oggetti non trattati che potremo conservare grazie alle tecniche, materiali ed esperienze più avanzate».
Tra gli ambienti attualmente emersi, anche un’area aperta, probabilmente un giardino, che verrà sottoposta a indagini e analisi paleobotaniche. Nell’angolo sud-orientale sono affiorate alcune anfore di cui si sta studiando il contenuto. E ancora, dal cuneo verranno fuori nuove strade, domus, tabernae, altri reperti. «Pompei», osserva Osanna, «ancora una volta ci sorprende per la capacità di scardinare il tempo». I primi incoraggianti risultati della campagna di scavo vengono illustrati in un giorno simbolico: la vigilia del duecentosettantesimo anniversario della scoperta della più importante delle città sepolte dall’eruzione pliniana del 79 dopo Cristo. E si inquadra in un più ampio progetto di messa in sicurezza dei fronti di scavo, vale a dire dei confini tra le aree portate alla luce a partire dall’età borbonica e quelle ancora coperte da lapilli e residui della colata piroclastica che diede il colpo di grazia a Pompei. Sono ancora 22 gli ettari non scavati. L’intervento globale, che rientra nel Grande progetto Pompei, durerà circa due anni e avrà un costo complessivo di 8,5 milioni di euro. Complessivamente 2,5 chilometri di muri antichi saranno messi in sicurezza, cioè alleggeriti dalla pressione del terreno, mentre l’area non scavata delle Regiones I-III-IV-VIX sarà dotata di adeguato drenaggio che in caso di pioggia assicurerà la mitigazione del rischio idrogeologico. Osanna mostra alcune foto che documentano numerosi crolli avvenuti in un passato, più o meno remoto, proprio i quelle zone. Il soprintendente ha parole di elogio per ingegneri, archeologi, restauratori che hanno raggiunto l’importante traguardo. «Si tratta», sottolinea il professore, «di un intervento di grande respiro. Il più ampio degli ultimi decenni. Grazie di cuore a questa equipe agguerrita che sta aggredendo lo scavo con grande passione».
Il primo stadio di intervento nel cuneo ha portato alla rimozione del terreno proveniente dagli scavi di fine Ottocento e Novecento, contenente anche frammenti di reperti che in passato venivano scartati senza andare troppo per il sottile, come uno stupendo gocciolatoio a forma di testa di leone. Grazie alla collaborazione dei vulcanologi dell’università Federico II si è evidenziata e studiata la sottostante stratigrafia vulcanica. Appena sotto i materiali degli scavi precedenti, i segni delle eruzioni «post antiche», in particolare quelle avvenute tra Seicento e Settecento. Più giù i residui piroclastici, più sotto ancora i lapilli. Il lavoro dei tecnici è stato condotto con l’utilizzo di strumenti di nuovissima generazione come i droni, il georadar, il laser scanner.
Alla presentazione partecipa anche il generale Mauro Cipolletta che da pochi giorni ha sostituito il collega Luigi Curatoli alla Guida del Grande progetto Pompei. «Contiamo», annuncia, «di completare i sei interventi residui entro l’avanzata primavera del 2019». Il direttore del GpP precisa anche che «l’hub ferroviario a Pompei non è stato accantonato», ma che «il progetto deve essere approfondito», anche in previsione della rimozione delle linea costiera delle ex Ferrovie dello Stato. «Naturalmente», precisa Cipolletta, «si tratta di un progetto dai tempi molto lunghi». Infine ha spiegato che il prossimo passo per dare attuazione ai progetti per la Buffer zone, cioè per le aree vesuviane circostanti i siti archeologici, è la costituzione del contratto istituzionale di sviluppo, un soggetto in grado di gestire i finanziamenti in arrivo.
Presentati i primi risultati del nuovo scavo nella Regio V Venuti alla luce affreschi mai sottoposti a restauro, con il cromatismo originario