Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Carpentieri: «Alla politica il cinema piace soltanto quando viene premiato»
L’attore: manca attenzione e non si rischia sui bravi
NAPOLI Quando uno la notte prima ha vinto un David di Donatello come miglior attore protagonista, con Diane Keaton che, contagiata dalla tenerezza, lo bacia mentre in sala sono tutti in piedi, lacrime agli occhi, non è che si può pure mettere a commentare l’emozione. Figuriamoci se è già schivo di suo. «Appunto» sta per dire Renato Carpentieri ma non lo dice. «Facciamo ora un’intervista breve. Poi quando tornerò a Napoli converseremo più a lungo (invece lo facciamo subito ndr). Oppure no? Passata la vittoria, la cosa non è più interessante?».
Carpentieri è sempre interessante.
«Sa perché dico così? Perché, alla politica, alle istituzioni, il teatro e il cinema piacciono quando vincono. Si tratta, invece, di arti che impongono una pratica quotidiana e un’attenzione prolungata, anche quando non creano i cosiddetti “eventi” straordinari. Nella normalità, la cultura sembra una perdita di tempo per privilegiati. Quando mi chiedono cosa fai e io rispondo l’attore, non basta. Aggiungono: sì, ma che altro fai?».
Ieri abbiamo assistito ai «Napoli di Donatello». A cosa si deve questo trionfo?
«Gli elementi che determinano il successo sono tre: creatività, disciplina e occasioni. Basta ne manchi uno e si perde. Per questo sono molto felice che abbia vinto artisti che coniugano talento e disciplina come i giovani di Mad Entertainment. L’occasione ti pone di fronte alla sfida di superare te stesso, di cercare nuove soglie dentro di te. E per farlo ci vuole disciplina. Per il resto credo che la creatività in generale sia sopravvalutata».
Ieri è stato certificato, però, che è un giacimento meridionale. In città si girano «L’amica geniale» e i «Bastardi di Pizzofalcone» e, a detta del sindaco de Magistris, sono 400 i prodotti audiovisivi realizzati a Napoli in due anni.
«Attenzione però a non confondere i piani».
Quali?
«L’industria di questi sceneggiati è una cosa. E ben venga in quanto industria. Qualsiasi ruolo realizzato per la tv, però — e lo dice uno che ha lavorato per anni ne La Squadra — richiede dal 30 al 60 per cento del tuo talento. La libertà e la ricerca sono inversamente proporzionali alla quantità di pubblico».
Ieri ha vinto anche un’altra immagine di Napoli, quella che, pur non negandolo, non ha bisogno di rimestare nel male assoluto.
«Sì, è la città delle tante narrazioni e ha una propensione per queste esplosioni di vitalità. Ci siamo portati. Il male però esiste. La camorra esiste, la piaga dell’abbandono scolastico pure. Felici dei premi, ma non siamo un paradiso».
Il video del suo discorso è già virale. E le frasi epigrammi: «La tenerezza è rivoluzionaria». Perché?
«Benjamin, negli anni Trenta, nel commentare un componimento di Brecht sulla leggenda dell’origine del Tao Te Ching dice che, per rispondere alla domanda “se tu sai qualcosa dimmela”, posta da un gabelliere, Lao Tzu scrive per cortesia l’opera. La cortesia quindi è importante e rara. Ma non basta perché non “tocca” l’altro, mantiene una distanza. La tenerezza, invece, nasce da un contatto tra due, attraversa strati, buca diffidenze con chi sta di fronte: con tutti gli uomini e le donne anche senza permesso di soggiorno. Il destino dell’uomo è l’uomo, per tornare a Brecht. E in questo imbarbarimento crescente la tenerezza così intesa
L’iniziativa A settembre apriamo a Pizzofalcone un teatro-studio, luogo di sperimentazioni e incontri di generazioni È una cosa che manca a Napoli ed è giusto farla anche se di tasca mia
ha un valore politico: se riconosco l’altro tanto da “toccarlo” c’è una via d’uscita».
Seconda parola chiave del suo discorso è «rischio».
«Gianni Amelio ha rischiato con me 28 anni fa volendomi in Porte aperte con un attore non semplice come Gian Maria Volonté. Ne La tenerezza ha scommesso di nuovo perché nella seconda, parte fatta di piccoli movimenti dell’anima, senza la sua guida non ce l’avrei fatta. Oggi nessuno rischia sui tanti bravi e preparati attori».
Ci vuole molto tempo per diventare giovani diceva Picasso. Lei, a 75 anni, con Valeria Lucchetti, aprirà uno spazio indipendente.
«Picasso teneva ragione. A settembre, a Pizzofalcone inaugureremo un teatro-studio, luogo di sperimentazioni e incontri di generazioni. Se due attori vogliono provarsi intorno a un testo dove vanno? È una cosa che manca a Napoli e trovo giusto farla, anche se di tasca mia».