Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Mobilità, se l’alternativ­a sono soltanto i piedi

- Di Monica Scozzafava

Lo sciopero selvaggio dei taxi non dovrebbe rappresent­are un problema insormonta­bile se la città offrisse collegamen­ti pubblici a cadenza oraria più o meno regolare. Invece nella gelida e ventosa mattinata di inizio primavera succede che per raggiunger­e via Petrarca da piazza Vittoria hai una sola alternativ­a: i tuoi piedi. La prima sorpresa: allo stazioname­nto taxi alle 10.30 non c’è una sola auto. La seconda: le quattro telefonate alle principali compagnie cittadine sono inutili perchè nessuno risponde. La terza (che però non sorprende più di tanto): l’attesa inutile di trenta minuti alla fermata autobus più vicina. Niente da fare, ma a Posillipo, sia pur in clamoroso ritardo rispetto all’appuntamen­to che hai preso il giorno prima(ignara dello sciopero) e che non è rinviabile, devi arrivarci. Durante il tragitto a piedi vedi in strada più di un’auto bianca, provi a fermarla. Chiedere al conducente: cosa è successo? Lui sfreccia via senza neanche rallentare. A Mergellina riprovi a telefonare alla radio-taxi, tempo e soldi sprecati. Ma hai la fortuna che un’auto si ferma. Un tassista anziano, timoroso, ti dice che c’è sciopero. Lo supplichi affinchè ti accompagni, gli daresti il triplo del prezzo della corsa pur di arrivare alla fine di via Petrarca. Lui tentenna, poi si convince. «Ma sedetevi accanto a me, signora». Mi spiega poi che se qualche collega dovesse vederci, devo dire che sono una sua parente. «Mi chiamo Salvatore, per qualsiasi cosa». Zitta e infreddoli­ta, mi prendo il buono. Provo a farmi spiegare il motivo dello sciopero e lui mi parla di abusivi, di licenze ritirate il giorno prima a undici colleghi. Sì, ma le fasce garantite? «Eh, signò... Se vogliamo ottenere qualcosa non possiamo pensare al servizio». Un modo strambo di lavorare in una città dalle cento, mille stranezze. Arrivo a destinazio­ne e risolvo i miei problemi. Un’ora e torna l’incubo: il ritorno. Stessa liturgia: chiamate inutili ai centralini (stavolta però almeno rispondono e si scusano) attesa di trenta minuti a tre fermate differenti. La scelta di tornare in piazza Municipio a piedi. In discesa fa meno impression­e. Ma la sensazione di sdegno è troppo forte. E pensi a chi doveva recarsi in stazione, all’aeroporto. Alle centinaia di persone lasciate a piedi dai «selvaggi» del taxi e da un servizio autobus quasi inesistent­e.

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