Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il penalista: non sono mostri alla nascita Serve l’istruzione
«Nessuno nasce delinquente. Questi ragazzi, che per qualcuno sono come dei mostri, sono anche il frutto marcio del disinteresse totale della società civile che interviene dopo, quando il guaio è fatto. Giudicando, provando a raccontare storie che non sono reali e che non approfondiscono in pieno ciò che si nasconde dietro quei ragazzi».
A parlare è l’avvocato Mario Covelli, penalista da 45 anni, presidente nazionale dell’associazione delle Camere penali minorili italiane e difensore tra gli altri, con il collega Domenico Dello Iacono, del ragazzo di 17 anni che ha ucciso due uomini a Giugliano sezionando i loro cadaveri e condannato due giorni fa a sedici anni di reclusione. «È un mostro? No, non lo è e sento di dirlo con estrema decisione. È un giovane timido, depresso, che tremava per la paura durante la requisitoria del pm e con una storia familiare durissima. Certamente ha ucciso e questo denota la mancanza totale di valori morali, addirittura ha tagliato i corpi delle vittime, ma quel ragazzo poteva salvarsi e potrà farlo ancora, così come tutti potranno salvarsi, anche gli assassini del vigilante Franco Della Corte». Come? L’avvocato Covelli non ha dubbi: in tema di prevenzione occorre cambiare le leggi vigenti che addirittura «risalgono al 1937 e questo già sarebbe un passo importante». Napoli affronta una emergenza minorile impensabile solo dieci anni fa. Bande di ragazzi violenti che per poche decine di euro, o solo per gioco, impugnano coltelli e pistole. L’istruzione e l’educazione sono due cardini fondamentali. «Io seguo minorenni dal 1982 e davanti ai miei occhi sono passati migliaia di sguardi. Quasi tutti avevano la stessa storia, che è la storia anche del ragazzo di 17 anni». Chi delinque quasi sempre vive in uno stato di abbandono: «l’assenza di una madre e di un padre possono devastare l’infanzia dei bambini - spiega il penalista - A questo bisogna aggiungere la mancanza totale di educazione e istruzione». Il giovane, ribattezzato il «macellaio di Gomorra» non riesce a parlare in italiano, non ha frequentato la scuola, il padre è affetto da ludopatia e lo ha abbandonato, la madre è ipovedente e percepisce una pensione minima. «Un giorno mi disse che l’unico regalo che aveva ricevuto nella vita era una bicicletta all’età di 7 anni». Storie tutte uguali, una simile all’altra. «Un altro, i cui genitori erano in galera, fu affidato a 3 anni a sua sorella che ne aveva 7 e viveva in una comunità: adesso è un rapinatore seriale», ricorda il penalista. L’intervento dunque deve essere preventivo, con un progetto di legge che l’avvocato Covelli e le Camere penali minorili, hanno già pronto per essere consegnato al nuovo Governo. «Oggi il minore a rischio, che non ha commesso reati, deve acconsentire per essere seguito e collocato in una comunità che gli possa consentire un percorso di istruzione. Noi vogliamo che sia un giudice a decidere per lui dopo un processo Civile. Il minore ritenuto a rischio deve essere collocato in un centro diurno polifunzionale dove potrà studiare o seguire corsi di formazione fino a 18 anni». Se dovesse non frequentare il corso potrebbe essere affidato in comunità, ma solo dopo aver segnalato i genitori all’autorità e averli multati. «Sono d’accordo alla perdita della patria potestà, ma solo in casi limite». Ed è una lotta in ogni quartiere «perché anche i minori di Chiaia, di Posillipo o del Vomero sono a rischio. Non conta solo la povertà, quanto l’abbandono. Nessuno può sentirsi veramente fuori da questi problemi», ha ammonito l’avvocato.
Io seguo minorenni dal 1982 Hanno tutti lo stesso sguardo