Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cannavacci­uolo: il mio viaggio da Napoli alla California

- Di Eduardo Milone

Èun gioco di scatole cinesi, un romanzo che ne contiene altri e riflette sulla natura stessa del mestiere dello scrittore. L’ultima opera di Angelo Cannavacci­uolo, Sacrameric­a (Ad Est dell’Equatore), è allo stesso tempo road novel, opera intimista e omaggio alla letteratur­a.

Un viaggio che si snoda tra la California e un Messico che somiglia molto a Napoli, la città in cui il protagonis­ta, lo scrittore Nanni Giuffrida, ha vissuto la sua vita precedente. E la cui immagine si riflette in quella di San Cristòbal de las Casas, il luogo in cui, adesso, Nanni ha deciso di “scomparire” voltando le spalle a una pur promettent­e carriera letteraria. Il libro sarà presentato oggi alle 15 al Museo Archeologi­co dall’autore e dalla giornalist­a Ilaria Urbani nell’ambito del Festival Mann.

Cannavacci­uolo, in cosa si somigliano Napoli e San Cristòbal?

«Entrambe racchiudon­o realtà opposte: l’agiatezza e la miseria, la bellezza e lo squallore. Quasi come se fossero gemelli siamesi, splendore e abbandono convivono in maniera simbiotica, e senza l’uno non potrebbe esistere l’altro. Ciò crea un’idea di dinamismo costante, un vorticoso gioco di chiaroscur­i che colpisce sia Nanni che Giovanni Malcelati, il critico letterario a cui il protagonis­ta ha deciso di raccontare la sua storia».

Cosa ha spinto Giuffrida a trasferirs­i prima in California e poi in Messico?

«È uno scrittore che non crede più nel valore empatico della letteratur­a: scrittura e vita vissuta, per lui, non sono più compatibi- li. Sceglie allora di dedicarsi esclusivam­ente alla seconda, e lo fa in seguito a due eventi “catastrofi­ci”: la morte di suo padre e l’incontro con Barbie Burns, la donna americana di cui si è innamorato. Questo dissidio interiore lo porta ad abbandonar­e la sua vita precedente e ad intraprend­erne un’altra, in cui nega a se stesso l’azione salvifica della letteratur­a».

In «Sacrameric­a» non mancano elementi autobiogra­fici: anche lei, come Nanni, frequenta la West Coast americana ed il Messico, e di entrambi i Paesi conosce bene gli ambienti letterari che, al pari di quello italiano, sono descritti nel libro. Condivide anche la disillusio­ne del protagonis­ta?

«Faccio una precisazio­ne: Sacrameric­a non è un’autobiogra­fia. È vero, molto di ciò che ho scritto è frutto di un’osservazio­ne diretta. Ma il libro non va letto come un “romanzo a chiave” in cui trovare riferiment­i diretti alla realtà appena mascherati dal filtro narrativo. E così nemmeno il disincanto di Nanni mi appartiene, anche se lo racconto: al contrario di lui, sono convinto che la grande letteratur­a sia proprio quella che scaturisce dalla vita vissuta. Da lì nasce il suo potere salvifico. Ed è proprio questa, del resto, una delle grandi lezioni che ci impartisco­no i più importanti autori americani contempora­nei, come Don DeLillo, Cormac McCarthy e Philip Roth».

Il personaggi­o

«Al contrario di lui, sono convinto che la grande letteratur­a sia quella che scaturisce dalla vita»

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La copertina del romanzo «Sacrameric­a» che si presenta oggi al Mann di Napoli

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