Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cannavacciuolo: il mio viaggio da Napoli alla California
Èun gioco di scatole cinesi, un romanzo che ne contiene altri e riflette sulla natura stessa del mestiere dello scrittore. L’ultima opera di Angelo Cannavacciuolo, Sacramerica (Ad Est dell’Equatore), è allo stesso tempo road novel, opera intimista e omaggio alla letteratura.
Un viaggio che si snoda tra la California e un Messico che somiglia molto a Napoli, la città in cui il protagonista, lo scrittore Nanni Giuffrida, ha vissuto la sua vita precedente. E la cui immagine si riflette in quella di San Cristòbal de las Casas, il luogo in cui, adesso, Nanni ha deciso di “scomparire” voltando le spalle a una pur promettente carriera letteraria. Il libro sarà presentato oggi alle 15 al Museo Archeologico dall’autore e dalla giornalista Ilaria Urbani nell’ambito del Festival Mann.
Cannavacciuolo, in cosa si somigliano Napoli e San Cristòbal?
«Entrambe racchiudono realtà opposte: l’agiatezza e la miseria, la bellezza e lo squallore. Quasi come se fossero gemelli siamesi, splendore e abbandono convivono in maniera simbiotica, e senza l’uno non potrebbe esistere l’altro. Ciò crea un’idea di dinamismo costante, un vorticoso gioco di chiaroscuri che colpisce sia Nanni che Giovanni Malcelati, il critico letterario a cui il protagonista ha deciso di raccontare la sua storia».
Cosa ha spinto Giuffrida a trasferirsi prima in California e poi in Messico?
«È uno scrittore che non crede più nel valore empatico della letteratura: scrittura e vita vissuta, per lui, non sono più compatibi- li. Sceglie allora di dedicarsi esclusivamente alla seconda, e lo fa in seguito a due eventi “catastrofici”: la morte di suo padre e l’incontro con Barbie Burns, la donna americana di cui si è innamorato. Questo dissidio interiore lo porta ad abbandonare la sua vita precedente e ad intraprenderne un’altra, in cui nega a se stesso l’azione salvifica della letteratura».
In «Sacramerica» non mancano elementi autobiografici: anche lei, come Nanni, frequenta la West Coast americana ed il Messico, e di entrambi i Paesi conosce bene gli ambienti letterari che, al pari di quello italiano, sono descritti nel libro. Condivide anche la disillusione del protagonista?
«Faccio una precisazione: Sacramerica non è un’autobiografia. È vero, molto di ciò che ho scritto è frutto di un’osservazione diretta. Ma il libro non va letto come un “romanzo a chiave” in cui trovare riferimenti diretti alla realtà appena mascherati dal filtro narrativo. E così nemmeno il disincanto di Nanni mi appartiene, anche se lo racconto: al contrario di lui, sono convinto che la grande letteratura sia proprio quella che scaturisce dalla vita vissuta. Da lì nasce il suo potere salvifico. Ed è proprio questa, del resto, una delle grandi lezioni che ci impartiscono i più importanti autori americani contemporanei, come Don DeLillo, Cormac McCarthy e Philip Roth».
Il personaggio
«Al contrario di lui, sono convinto che la grande letteratura sia quella che scaturisce dalla vita»