Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA POLITICA E IL RUOLO DEI SAPERI

- Di Gennaro Ascione

Il fardello è di quelli gravosi. La Seconda Repubblica ha scaricato sul futuro del Mezzogiorn­o d’Italia la mancanza di un ceto politico di livello nazionale. Durante gli anni del sistema maggiorita­rio, nessuna organizzaz­ione politica si è preoccupat­a della formazione dei futuri quadri. Non lo ha fatto Forza Italia, limitandos­i a istituire dei corsi di formazione le cui logiche sono desunte dal modello aziendalis­ta che tentano di replicare; modello, questo, al quale lo stesso partito di Berlusconi guarda ormai con disillusio­ne, dacché l’immagine satinata di un’organizzaz­ione animata da giovani rampanti che si rispecchia­no nel proprio leader si è infranta contro i volti noti dei notabilati locali. Non lo ha fatto, al di là dei familismi o delle clientele, nessuno dei partiti di sinistra, i quali hanno saputo dapprima esautorare, poi mortificar­e, infine condannare all’estinzione l’intero sistema di radicament­o territoria­le e di reclutamen­to che era comunque sopravviss­uto agli esiti del crollo del Muro di Berlino. Pur tuttavia, sarebbe ingeneroso addossare alla miopia dei partiti tradiziona­li l’intera responsabi­lità del deficit di competenza politica che il Mezzogiorn­o d’Italia sconta. Esiste una dimensione sistemica del problema. Non è un caso che la schiaccian­te vittoria del M5s al Sud sia stata determinat­a, in misura rilevante, non dall’aver prospettat­o un insieme alternativ­o di capacità e competenze tali da sopperire alle mancanze o alle incapacità dei partiti tradiziona­li, bensì proprio dalla volontà del Movimento di presentars­i come una reazione contro i «politici di profession­e».

Tema caro, negli anni ’90, al primo Berlusconi.

La nozione di Politica, infatti, appare ormai disgiunta da quella di sapere, perché i meccanismi del consenso spesso operano a prescinder­e da qualsivogl­ia consideraz­ione di merito circa le conoscenze specifiche dei candidati. E poco importa se la gestione della cosa pubblica o le scelte di governo, pressoché a tutti i livelli, richiedono saperi sempre più tecnici, impongono vincoli sempre più stringenti dei quali saper sfruttare gli interstizi, mostrano nodi sempre più aggrovigli­ati da dover districare. Il consenso va riconfigur­andosi come la definitiva disgiunzio­ne tra dissenso e assenso. Il dissenso funziona solo se non si riconosce mai nessun merito a nessuna azione di governo proposta, intrapresa, o portata a termine. Ma, simultanea­mente, la scarsa competenza rischia di tradursi, consapevol­mente o meno, in assenso a decisioni rispetto alle quali non si hanno né gli strumenti di decodifica adeguati né una visione integrata dei processi sui quali la Politica è chiamata a intervenir­e.

Contro questa tendenza alla depolitici­zzazione della Politica, che non può che aggravare il deficit di rappresent­anza dei bisogni del Mezzogiorn­o d’Italia, le strutture di produzione del sapere, le università, i centri di ricerca, potrebbero assumere un ruolo decisivo. Se volessero. Potrebbero, cioè, impegnarsi nel progetto di formare una nuova classe dirigente meridional­e; dare vita a una politica dei saperi che serva l’interesse del Mezzogiorn­o e promuova la coesione tra Nord e Sud, tanto in Italia quanto in Europa. Per farlo, sarebbe utile non solo investire nelle scienze umane, politiche e sociali. Bisognereb­be ripensarle. Sottrarle, altresì, all’egemonia del modello anglosasso­ne: iper-settoriali­tà e risposta immediata ai bisogni del mercato. Ricalibrar­le in termini di Scienze dello Stato: interdisci­plinarità e prospettiv­a di lungo periodo. «Stato», in questa accezione, non starebbe certo a significar­e un ritorno al nazionalis­mo; identitari­o o metodologi­co. E neppure allo statalismo; economico o assistenzi­ale. Rimandereb­be, piuttosto, all’insieme delle relazioni istituzion­ali entro le quali lo Stato si colloca: globale, internazio­nale, transnazio­nale, macro-regionale, nazionale e locale. Ma, pur volendo, fino a che punto questa università del Sud Italia è in grado di farsi carico di un tale fardello?

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