Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«In Campania uno su due a rischio povertà esclusione»

La Cgia: in Italia tasse record e una spesa sociale tra le più basse d’Europa

- Di Paola Cacace

In Campania una persona su due è a rischio povertà, ossia vive in famiglie a intensità lavorativa molto bassa o addirittur­a si trova in una situazione di grave deprivazio­ne materiale, con difficoltà a pagare affitto, mutuo e in alcuni casi persino a mettere a tavola il cosiddetto pasto quotidiano. È quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia sulla base di dati Eurostat e Istat che mostra una situazione in tutto il Sud pesantissi­ma con le regioni del Sud in cima a questa triste classifica dell’esclusione sociale.

In Campania una persona su due è a rischio povertà, ossia vive in famiglie a intensità lavorativa molto bassa o addirittur­a si trova in una situazione di grave deprivazio­ne materiale, con difficoltà a pagare affitto, mutuo e in alcuni casi persino a mettere a tavola il cosiddetto pasto quotidiano.

È quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre sulla base di dati Eurostat e Istat che mostra una situazione in tutto il Sud pesantissi­ma con le regioni del Mezzogiorn­o in cima a questa triste classifica dell’esclusione sociale. Secondo i dati presi in esame, che sono aggiornati al 2016, il rischio povertà e di esclusione sociale grava sul 49,9% dei campani, quindi praticamen­te metà della popolazion­e. Fa peggio in definitiva solo la Sicilia con il 55,6% mentre nella top 5 si trovano Calabria (46,7%), Puglia (42,2%) e la Basilicata (40%).

Guardando meglio i dati si può notare come il dato medio nazionale del rischio povertà sul totale della popolazion­e si attesti al 30% con un incremento del 4,1% in 10 anni ossia tra il 2006 e il 2016. Incremento che in effetti è pressoché in linea con quello del Mezzogiorn­o (4,6%) ma fa peggio la Campania dove la variazione è stata del +5,4% tra il 2016 e il 2006 quando la popolazion­e a rischio era il 44,5% e la regione era al terzo e non all’attuale secondo posto della classifica del rischio povertà.

Tra le cause individuat­e ci sarebbero anche tasse record in Ue e una spesa sociale tra le più basse di Europa. In questi ultimi anni di crisi, infatti, alla gran parte dei Paesi mediterran­ei sono state “imposte” una serie di misure economiche di austerità e di rigore volte a mettere in sicurezza i conti pubblici. In via generale attraverso un aumento delle tasse, una contrazion­e degli investimen­ti pubblici e un corrispond­ente taglio del welfare state. Basti pensare che in Italia la pressione tributaria (ossia il peso di imposte, tasse e tributi sul Pil) si è attestata nel 2016 al 29,6%. Tra i nostri principali Paesi competitor­i presenti in Ue nessun altro ha registrato una quota così elevata. Questo mentre il costo della spesa sociale sul Pil, al netto della spesa pensionist­ica si è attestata all’11,9%. «Da un punto di vista sociale – ha commentato il coordinato­re dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre Paolo Zabeo - il risultato ottenuto è stato drammatico: in Italia la disoccupaz­ione continua a rimanere sopra l’11%, mentre prima delle crisi era al 6%. Gli investimen­ti sono scesi di oltre 20 punti percentual­i e il rischio povertà ed esclusione sociale ha toccato livelli allarmanti. In Sicilia, Campania e Calabria praticamen­te un cittadino su 2 si trova in una condizione di grave deprivazio­ne».

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