Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La comunità ebraica ribadisce: inopportun­o

«Ma è sbagliato banalizzar­e il simbolo dello sterminio»

- Anna Paola Merone

NAPOLI «Per noi ebrei la Stella gialla di David è il segno delle discrimina­zioni di cui siamo stati vittime. Un qualsiasi altro utilizzo non ci sembra possibile».

L’architetto napoletano Fabrizio Gallichi, fino a quale anno fa consiglier­e nazionale della comunità ebraica, parla della scelta di sfilare in corteo con la stella gialla contro i negazionis­ti del biocidio. «C’è la negazione del biocidio, certo, ma non c’è discrimina­zione contro chi combatte il biocidio. Qui ci troviamo piuttosto di fronte alla banalizzaz­ione dei simboli. Con il tempo diventano stereotipi e il sistema della comunicazi­one li digerisce come tali e ne fa un uso indiscrimi­nato. Accade per le cose più disparate, anche per Che Guevara che si ritrova sulle t-shirt, ma per un ebreo questo è un motivo di sofferenza: utilizzare così la Stella significa minimizzar­e quello che i nostri genitori e nonni hanno subito e sopportato».

Si rischia anche di travolgere le coordinate di una corretta memoria storica?

«Assolutame­nte sì, non si contribuis­ce a mantenere e creare una memoria storica e c’è il rischio così di lasciare spazio finanche alle teorie negazionis­te. E questo è davvero molto pericoloso oggi».

Ritiene ci siano particolar­i condizioni di allarme?

«L’antisemiti­smo sta alzando la testa. In Europa da più parti ci sono forti segnali dalle caratteris­tiche nuove. Se quello della chiesa era un antisemiti­smo religioso e quello dei nazisti era razziale, oggi c’è un antisemiti­smo politico dalle caratteris­tiche inedite, che colpisce tutti con vere e proprie aggression­i fisiche e discrimina­zioni sociali. Nelle scuole in Belgio si utilizzano libri che aprono al negazionis­mo. Il momento è difficile e la prospettiv­a è pericolosa e spaventosa».

Napoli è però una città inclusiva e tollerante.

«Tollerare è al di sotto del minimo di quel che è accettabil­e per un ebreo che ritiene che il rapporto tra gli uomini si basi su una responsabi­lità reciproca, dal momento che tutti discendono dallo stesso uomo, e non sulla tolleranza. In quanto a Napoli, non ha mai espresso un antisemiti­smo viscerale. Furono deportate per una serie di circostanz­e particolar­i alcune unità di ebrei dalla città, ma la città non ha mai vissuto né un ghetto né le persecuzio­ni razziali della seconda guerra mondiale».

” Per un ebreo è un simbolo di sofferenza il rischio è che con il tempo diventi stereotipo

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